Altri tre anni e mezzo in queste condizioni sono la morte [di Andrea Sotgiu]

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La Grecia detta, ancora una volta, la rotta. Quante volte ha spinto i suoi Ulisse a solcare i mari per approdare in terre lontane, compresa la Sardegna, l’isola d’argento? Come l’antica Pizia, indica la dolorosa verità di oggi: la proletarizzazione e il declino del popolo europeo, il più civile del mondo; la morte della borghesia, classe di recente invenzione; il monopolio di èlites senza patria e senza nazione che cinicamente usano il linguaggio del rigore ma si comportano come i chicago boys di cilena memoria, senza sporcarsi le mani con colpi di stato.

Un suo giovane figlio, nato da chi cacciò i colonelli ma non la corrotta élite di evasori fiscali, loro base sociale, realizza l’eterno sogno di democrazia. Istruito e consapevole è riuscito a trasformare un paese, il cui Pil vale il 2% di quello europeo, nel centro del mondo. Ha dato speranza a tutte le periferie e a chi crede che la politica e la democrazia, sono il vero antidoto ai chicago boys in grisaglia.

Quale lezione può arrivare all’isola d’argento? Ad una Sardegna digiuna da tempo di personalità di peso nelle rappresentanze parlamentari a Bruxelles, a Roma, a Cagliari?

Ragionando su quanto è accaduto tra Grecia e oligarchie finanziarie non è più un problema di dimensione o di Pil. Si è capito, come dicono molti analisti, che il problema è la presenza di classi dirigenti consapevoli del loro ruolo e della loro responsabilità; di èlites con piena sovranità che smettano di essere litigiose e autorecluse in recinti e il cui familismo, di sangue e di clan, è famelico quanto castrante.

A leggere i quotidiani sardi l’isola d’argento è ben lontana da questa Grecia e non c’è nessun Alexis  Tsipras all’orizzonte. I litigi all’interno di una stessa famiglia politica – parlare di partito è troppo – e tra famiglie di una stessa maggioranza è la prevalente attività della politica, a destra e a manca. Scontri tra rappresentanze cooptate nelle istituzioni e che, forse per questo, trascorrono il tempo ad insultarsi piuttosto che ad esercitare il mandato costituzionale.

I loro profili FB sono eloquenti. Slogans su slogans a favore di gruppi dirigenti in campo, a cui in verità le popolazioni, hanno, da tempo, tolto consenso, o contro chi minaccia di non voler seguire gli ordini del clan. Esponenti che giocano nello stesso campionato ma con maglia diversa a seconda della partita. Segretari di partito che falliscono il loro mandato e che per occultare le sconfitte ricorrono a tatticismi e furbizie cercando capri espiatori invece di ammettere la propria inaffidabilità e lasciare a chi è più portato e capace.

Non è meglio la giunta regionale. Si è ormai capito che è in affanno, camuffato da una compulsiva frenesia di annunci con contorno di foto. Che confusione tra comunicazione e informazione! Un gruppo catapultato senza avere alcuna visione della Sardegna e in difficoltà persino nell’ordinaria amministrazione. Guardare per credere l’attività di gran parte degli assessorati o degli uffici. Non basta che assessori vadano a zonzo in quell’inaudito sagrificio che è la Sardegna estiva dove variegate umanità credono di approdare ad Itaca ma in verità nel paese di bengodi, ospiti di un circo autorefenziale, indifferente a quanto accade nei territori negli altri mesi.

Che modello quei greci che ballano e cantano ma esprimono anche gente capace di dignità, etica, orgoglio che ha cacciato dal tempio i mercanti che usavano partiti ed istituzioni per i propri affari. Arriverà quel tempo nell’isola d’argento? Indizi sono all’orizzonte. Bisogna saperli cogliere e prendere il vento.

Francesco Pigliaru azzeri tutto. Faccia una giunta formata da persone di comprovata competenza, senza badare ad appartenenze o a prossimità. Prescinda da una sedicente maggioranza e da presunte maggioranze nella maggioranza! Nella realtà non esistono più e veri o presunti stati generali sono ormai ridicoli. Ricordano troppo i mille tavoli di Cappellacci. Se non è capace di tale autonomia, legittimata dall’investitura che il popolo sardo gli diede in un tempo che sembra oggi lontanissimo, faccia come Alexis  Tsipras: ridiala parola al popolo sardo . Altri tre anni e mezzo in queste condizioni sono la  morte certificata dell’isola d’argento.

2 Comments

  1. fra

    Tsipras ha ridato la parola al popolo greco? Non mi è parso. Ha preso ( o perso) tempo con un referendum con il quale o senza il quale è rimasto tale e quale. Se questo è dettare la rotta, in Italia siamo avanti. E che dire del discorso al Parlamento Europeo? La rotta era così sicura che è andato a sbattere sul falco Juncker. Certamente non è Pericle e neppure Demostene.

  2. Michele

    Per la verità non trovo niente di veramente attuale che suggerisca per la Sardegna la poetica definizione di “isola d’argento”. .. Parrebbe quasi una rivalsa sull’assai più nota definizione dell’isola gemella, la Corsica, come “ile de beauté”. A parte la Corsica, mi pare incredibile invidiare i Greci per il loro orgoglio nazionale che ha causato nel turismo estivo di quel paese grossi ammanchi di contante e lunghe file ai bankomat…
    No, Andrea Sotgiu, alla Sardegna non si addice più quella poetica definizione, perché in Sardegna l’era delle miniere è finita da un pezzo e non c’è più né piombo né argento. Ce n’era appena un po’ nel 1838, quando Honoré de Balzac venne da noi nella speranza di poter sfruttare all’Argentiera i grossi accumuli di minerale piomboargentifero abbandonati da secolo. Ora non ci sono più miniere. C’è però un turismo da progettare, da organizzare anche con piani di archeologia mineraria. E poi tante altre cose concrete da suggerire, da sperare. Poesia a parte.

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