“Il cugino comunista. Viaggio alla fine della vita” di Walter Piludu: l’inizio di un percorso [di Gianni Congiu]
Non ero presente alla presentazione che si è tenuta a Milano solo perché non ero informato ma il libro l’ho letto d’un fiato. Parlo di “Il cugino comunista. Viaggio alla fine della vita” di Walter Piludu. Un libro strano e a tratti ambiguo soprattutto nella prefazione di Tore Cherchi, uomo Pci e di tutti i suoi succedanei fino all’attuale Pd. Cherchi ha perso l’occasione di trattare il vero tema che meritava tutta la sua attenzione visto il suo pesante curriculum: il fallimento della sua generazione nel costruire un vero e solido sviluppo della Sardegna. Di conseguenza non un fallimento personale giacché quel manipolo come quelli precedenti dal secondo dopoguerra in poi hanno avuto tutto dalla politica e dal partito. Prestigio, posizione sociale, benessere, potere. Il gruppo di cui Cherchi faceva parte non a caso è tuttora saldo nella gestione dello stesso e non cede il passo condizionando ancora una volta il futuro della Sardegna con paradigmi che sono stati e sono nei fatti fallimentari. Peccato per un’ occasione mancata. Non lo è lo scritto di Walter Piludu. Capace persino di autocritica nei passi in cui la sua autobiografia politica è protagonista. La parte meno efficace è quella in cui la dolente vicenda della malattia, per quanto struggente, perde di vista due cose fondamentali che non sono diventate materia politica in senso pieno. Non si va fino in fondo nell’analisi del senso dell’attuale concreta indifferenza dei suoi ex compagni di strada che, allora, nel momento del suo rifiuto della “svolta della Bolognina” gli furono ostili e della pronta risposta del Vaticano alla lettera a Papa Francesco che gli ha risposto tramite monsignor Becciu, oggi ai vertici del Vaticano. Ma questa – mi perdoneranno entrambi – “incapacità” di Tore Cherchi e di Walter Piludu non è diversa da quella che ha condannato le classi dirigenti dell’ex Pci nella transizione verso il Pd. Quando ho conosciuto Walter Piludu ero al liceo. Lui era già un affermato dirigente del Pci diventato molto giovane – ma allora era la prassi – presidente della Provincia di Cagliari. A quel tempo 15 anni di differenza erano un secolo e di conseguenza lo vedevo “adulto”. L’ho incontrato una sola volta ad un’assemblea e mi colpirono l’abbigliamento curato, il tono di voce, il modo con cui teneva la sigaretta, il fatto che andasse a caccia. Mi sembrò quasi uno snob. Attirai la sua attenzione quando dissi che avrei frequentato l’Università a Milano. Non ho seguito le sue vicende. Ho letto il libro per caso, me lo ha regalato un ex compagno di scuola e dal libro ho appreso quanto gli è accaduto dopo la fine del Pci. Il suo destino fu d’altronde quello di tanti che non “si adeguarono”. Vorrei che il suo libro fosse l’inizio di un percorso d’indagine seria e documentata della vicenda del Partito comunista in Sardegna fino alle vicende dell’attuale Pd. La domanda che vorrei rivolgere a Walter Piludu è: cosa c’entra il Partito di Antonio Gramsci e di Renzo Laconi con il Pd di Renzi e di Soru? Perché il partito che comunque oggi potrebbe essere il suo partito – non si spiegherebbe altrimenti la prefazione di Cherchi – nulla fa per sostenere la sua battaglia? Il suo viaggio nella politica potrebbe riprendere da queste due domande. Lunga vita a Walter Piludu da un ex studente di liceo che lo guardava con ammirazione. |