Sarà l’impero a salvare la Ue? [di Nicolò Migheli]

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Chi gestirà il fondo di 50 miliardi di euro a garanzia del prestito greco? Il KFW (Kreditanstalt Fur Wiederanfbau) Istituto di Credito per la Ricostruzione, una banca tedesca -80% dello stato e 20% dei länder – il cui presidente è Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze. Il KFW ha privatizzato i beni della DDR, svendendoli ai capitalisti amici della ex Germania Federale. Perché Hollande e Renzi, che di soldi nel salvataggio greco ne hanno messi quanto i tedeschi, non si sono opposti e non hanno preteso una gestione almeno comune? Hanno paura.

Il debito italiano e francese può essere messo in crisi dagli stessi meccanismi usati con la Grecia. Ha ragione Varoufakis, hanno torturato il paese ellenico perché le urla si sentissero in Italia e la Francia cadesse al cospetto del timor di Dio. Si dice e si scrive che la Ue potrà essere salvata solo con una integrazione più spinta, ma chi è oggi il politico italiano o francese – per citare due paesi fondatori- che ha il coraggio di rinunciare a quel poco di sovranità nazionale rimasta per poi vedersela sequestrata da Berlino? Il Manifesto di Ventotene è morto e sepolto.

Questa Ue assomiglia sempre di più a quella teorizzata nel 1942 da Walther Funk, ministro nazista dell’economia. Uno spazio economico favorevole alle esportazioni tedesche, organizzato come una società per azioni di cui Berlino è il massimo azionista e ne ha il controllo. La Gran Bretagna è già in fuga, Cameron ha promesso un referendum per la fine del 2017. Gli inglesi, dal loro ingresso nella Cee nel 1973, hanno sempre operato per impedire ogni integrazione che andasse oltre una zona di libero scambio. Missione compiuta. Dopo la lezione greca, nei paesi mediterranei è apparso chiaro che stare nella Ue e nell’Euro ha perso ogni carica ideale, si tratta solo di un fatto di opportunità.

Però conviene ancora? Il processo di integrazione per effetto di come l’euro viene gestito, per le durezze religiose di Schäuble, assomiglia sempre di più a quello che è avvenuto con l’unità italiana, il Mezzogiorno spolpato per ingrassare il nord. Oggi questo sta avvenendo nonostante i fondi comunitari. Peraltro, visto che l’Italia è contributrice netta, potrebbe utilizzare anche più finanziamenti per lo sviluppo se non fosse nella Ue. L’Italia però non è stata tra le fondatrici della Comunità Europea per solo calcolo economico. Lo è stata anche per carica ideale, volere far parte di un grande progetto, e per essere contaminata dalle virtù nordiche. Non a caso per anni i sondaggi davano gli italiani tra i più europeisti del continente.

Tutto ciò oggi sembra scomparso. L’asse franco tedesco, sopportato con crescente fastidio dalle èlite germaniche, non è considerato più decisivo. Quale futuro? Se le tensioni sulla moneta comune continueranno, se la sordità di Schäuble e della Bundesbank persevereranno, è indubbio che la Ue scomparirà, seppellita dai nazionalismi risorti. Rimarrà forse un’area di libero scambio; d’altronde, l’approvazione del TTIP transatlantico in realtà la supera. Potrebbe esserci un’altra possibilità.

Francia e Italia, insieme alla Spagna, costituiscono un club forte in contrapposizione a quello germanico e tentano di negoziare in maniera anche rude i rapporti di forza , ad esempio minacciando una uscita dall’Euro; pretendendo una diminuzione del potere tedesco sulle istituzioni. La forza ci sarebbe, sia economica che di prestigio.

La Francia è potenza nucleare, ha un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, fatti che nelle trattative hanno il loro peso. Scelta quasi obbligata, che però ha il limite del ricatto sul debito. In ogni caso non si intravvedono classi dirigenti che abbiano un senso storico della loro missione e la durezza necessaria per negoziazioni così impegnative. Hollande non è De Gaulle, Renzi non è De Gasperi e la Merkel Adenauer. Quanto a Rajoy, sembra riprendere la politica filo germanica che fu del tardo franchismo. Resta un’altra opzione, quella utopica, che potrebbe essere liquidata come sogno di mezza estate.

L’Europa dovrebbe chiedersi se l’opzione federale ha ancora senso? Se sia il caso di costruire un soggetto che possa interloquire alla pari con le nuove potenze globali di questo secolo, come gli Usa, la Russia, la Cina, l’India e il Brasile. È impensabile che ciascun paese europeo da solo possa essere un competitore di realtà così forti. Se è vero che non può esserci Europa senza la Germania, è anche vero che nessuno vorrebbe una Europa tedesca. La storia non è acqua, così come i processi di lunga durata. Troppo potere nelle mani di un gruppo nazionale è una tentazione che può diventare malsana per le sue classi dirigenti. Quindi operare per provocare l’eutanasia degli stati nazionali ottocenteschi, riconoscere alle regioni europee la dignità di stato; i länder tedeschi ce l’hanno già, e fondare gli Stati Uniti d’Europa.

Ricostruire il Sacro Romano Impero carolingio – scusando l’ossimoro – questa volta democratico, con un presidente eletto da tutti gli europei. Sarebbe la soluzione anche per le nazioni senza stato, che si ritroverebbero eguali a gli altri popoli. Le monarchie potrebbero tenere appannaggi e titolo onorifico. Per quel che mi riguarda, il re di Spagna potrebbe anche recuperare il Regno di Sardegna. Però, per citare ancora una volta il primo ministro inglese con il sigaro, nessun tacchino si augura l’anticipo del Natale. Troppi i blocchi, culturali prima che di potere.

C’è bisogno di uno spazio democratico unitario in Europa e di leader visionari, ma non ci sono. L’ultimo è stato il tentativo represso di Tsipras. Ci attende un futuro molto incerto, in cui i compromessi al ribasso la faranno da padrone. I rischi sono molti, e non solo economici. Nel 1890 quando con decreto imperiale Guglielmo II decise di costruire una flotta che fosse di dimensioni di quella britannica e francese, nessuno immaginava che 24 anni dopo l’Europa sarebbe entrata in uno dei conflitti più sanguinosi del secolo.

La storia, quella con la S maiuscola, è maestra ma ha pessimi allievi. Così sosteneva Antonio Gramsci.

4 Comments

  1. maria

    La storia ha si pessimi allievi, ma anche molto spesso cattivi maestri, per poter essere strumentalizzata dal potere. Al servizio dei Faraoni, dei monarchi, dei dittatori.

  2. maria

    Questa analisi storica dove compaiono vecchi mostri porta a tante riflessioni e alla fine sembra lasciare tutto senza vie d’uscita. Ci piacerebbe pensare a equilibri che non siano troppo precari , e del resto la Germania sta perdendo parecchio con le sue imposizioni, in termini di popolarità. Spero che si arrivi ad abbuonare una parte dei debiti della Grecia.

  3. Michele

    Tsipras, come tutti i populisti europei, non è né un martire né un eroe come lo si vorrebbe inghirlandare: è andato al potere promettendo ai Greci un cambiamento radicale di politica economica fondato sugli investimenti e non sull’austerità. Cosi i suoi concittadini si son trovati senza neppure gli spiccioli per comprarsi il pane…Il debito urge e sarà necessario ridurlo, i soldi finora prestati non sono serviti per le riforme sociali e amministrative. Si rimprovera allo stato greco di non avere un codice di procedura civile degno di questo nome e neppure uffici statistici adeguati e…veritieri.
    Quando succede questo a un membro dell’UE, il costante riferimento ad uno stato-nazione guida – nel caso in questione, la Germania – è di prammatica. In una vera federazione europea diversa dalla UE, ci sarebbe come negli USA una politica economica unitaria elaborata da tutti e per tutti gli Europei. Sono convinto che solo questa Europa finirebbe per far emergere quell’Europa dei popoli che tanto sta a cuore a Migheli. Lo stato-nazione, nato dalla Rivoluzione Francese e in Italia col Risorgimento, è per definizione contro la spontanea espressione delle regioni non del tutto in linea con la storia nazionale.
    Se all’interno della UE lo stato guida è la Germania , per i grossi problemi mondiali – Ucraina, terrorismo, energia atomica, ecc. – lo stato guida sono gli USA. Se la sconsiderata guerra in Iraq fosse stata decisa anche dagli Europei, forse l’Italia non vi avrebbe partecipato.
    Tutte ragioni che inducono a ritenere che il Manifesto di Ventotene sia ancora fonte d’ispirazione per gli Europei che si vogliono padroni del loro destino.

  4. Nicolò Migheli

    Grazie per i vostri interventi. Chi scrive ha sempre l’ambizione di poter suscitare un dibattito. Cosa che in questi tempi di posizioni estreme sta diventando sempre più difficile se non impossibile. Debbo comunque una risposta articolata a Michele, sono d’accordo con lui che Ventotene sia ancora attuale, è la pratica politica che lo ha abolito nei fatti. Resta comunque intatta tutta la sua forza ideale. Concordo anche che la Grecia ci ha messo molto del suo per finire nella situazione in cui si trova. Essa è un concentrato di vizi e virtù (ci sono anche quelle) mediterranee. Non sono d’accordo invece quando si usa la categoria “populista” per descrivere un movimento come Syriza. Oggi quel termine è buono per definire chiunque non sia d’accordo con la religione neoliberista imperante, chiunque, ad esempio chieda stato sociale, istruzione pubblica e una difesa dei beni comuni viene catalogato sotto quella categoria frusta che sembra aver sostituito quella altrettanto demonizzante di “comunista”. Syriza non è l’FN francese e Tsipras non è Salvini o Grillo. Schäuble in una notte, ha fatto risorgere stereotipi e paure che si credevano dimenticate. Ha distrutto settant’anni di riscatto della Germania dalla tragedia nazista, non lo dico io ma Habermas, il filososfo-sociologo della Scuola di Francoforte. Se la vicenda greca è un petardo sotto la costruzione europea, la vera mina che può far saltare tutto i tedeschi ce l’hanno in casa. Si chiama Deutsche Bank, 52.000 miliardi di dollari – c’è chi dice 56.000 – investiti in fondi tossici. Nove volte il PIL tedesco. Il mese scorso gli amministratori di quella banca si sono dimessi. Che io tenga all’Europa dei popoli non è un mistero, anche perché la vedo come unica soluzione per la riuscita del progetto. Questo aldilà del mio sogno nel vedere la Sardegna che si rapporta da pari con il resto del continente senza passare per la pessima intermediazione italiana. Dirò di più, nell’impero spagnolo di Filippo II eravamo messi meglio, il Regno interloquiva, quasi alla pari, con gli altri della corona. Può essere che lo choc greco sia lo stimolo per riprendere una costruzione politica, a dire il vero però, fermo restando questo stato di cose, con Commissione emarginata e ruolo centrale del Consiglio, dove quel che conta sono gli stati nazione, non si vede soluzione differente. La trattativa greca è stata condotta da Merkel ed Hollande. Junkers dove era? Hollande è in difficoltà, la Merkel sempre più forte. Non so voi, ma a me una Europa così incute preoccupazione.

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