Il progresso balla sulle punte [di Franco Masala]
Era necessaria tutta l’ingenuità dei nostri bisnonni per far danzare Alessandro Volta o Denis Papin allo scopo di celebrare le loro scoperte in nome del cammino della civiltà. A fine Ottocento la fede cieca nel progresso portava a questo nel “ballo grande italiano” Excelsior ideato da Luigi Manzotti sulla musica accattivante di Romualdo Marenco, e rappresentato per la prima volta l’11 gennaio 1881 alla Scala di Milano con un successo travolgente. E in clima di Expo 2015 bene ha fatto il teatro milanese a riproporre la storica (e indimenticabile) ripresa al Maggio Musicale Fiorentino del 1967 di questo ballo nazionalpopolare, forse Kitsch, forse retorico ma tale da entusiasmare ancora oggi. Con la vittoria alternata delle figure allegoriche della Luce contro l’Oscurantismo si ripercorre il trionfo della Civiltà attraverso la storia della tecnica rappresentata in altrettanti quadri – il telegrafo di Washington, il canale di Suez, il traforo del Cenisio – che vedono in scena una massa sterminata di danzatori, di figuranti, di comparse. Il tutto condito da odalische, ginnasti baffuti, marinaretti, con una buona dose di ironia che rende comunque ancora gradevole il frutto di una stagione spensierata che considera soltanto i lati positivi del progresso senza presagire minimamente ciò che capiterà di lì a poco, dai cannoni di Bava Beccaris all’attentato di Sarajevo. E allora è meglio lasciarsi andare alla semplicità e alle ingenuità del discorso narrativo che supporta pas de deux, azioni mimiche o scene d’insieme tali da celebrare a suon di musica la civiltà intesa come solidarietà tra i popoli. Sino al trionfo finale che mostra le ballerine-soldatesse con le divise di fine Ottocento che attraversano il palcoscenico sventolando bandiere di tutto il mondo. Sì, c’è anche quella della Grecia … Excelsior *Foto di Brescia-Amisano Teatro alla Scala © |