É possibile in Sardegna un nuovo sistema dell’arte? [di Nino Dejosso]

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Oggi anche un perfetto quisque de populo che però riesca a vincere un programma come ad esempio X Factor viene considerato un artista. Con Instagram diventiamo tutti fotografi, così come tutti reporter con YouTube, tutti dj con Tractor, tutti scrittori o esperti di cucina con un laptop e un blog, tutti modelli con Photoshop, tutti registi con una Canon 5D e un Final Cut craccato. E se non c’è una tensione collettiva a esser tutti pittori, è solo perché la pittura in questo momento storico non è trendy. Ma chi può definirsi o essere definito e ritenuto artista? Cos’è l’arte, chi può farla e dov’è possibile trovarla?

Grazie a Duchamp sappiamo che l’arte puó essere potenzialmente tutto. Grazie a Beuys sappiamo che potenzialmente tutti possono fare arte. Che l’arte puó essere potenzialmente ovunque ci è chiaro da quando c’è internet. Non rimane che domandarci se l’arte non abbia esaurito il suo compito di forma vitale, fonte di pensiero e serbatoio di stimoli. Quell’arte che una volta ricercava gli aspetti particolari e non banali della vita, ricerca alla quale ha scelto di rinunciare nel corso della rivoluzione estetica degli ultimi cento anni.

Cos’è arte, dunque? Qualunque sia la risposta, un dato di fatto esiste. Trendy o non trendy, a fronte della notevole massa di aspiranti pittori comunque in circolazione, oggi l’arte, almeno per quanto riguarda quella contemporanea, non viene certo creata dalle visioni socio-filosofiche-estetiche degli artisti né da quelle dei critici, ma solo dalle valutazioni e dalle scelte del mercato mondiale, controllato dalle grandi case d’asta inglesi, cinesi e americane. Poi, ovviamente, a prescindere da questa considerazione, a nessuno é preclusa la possibilità di cimentarvisi liberamente e di tentare la scalata non dico al successo, ma almeno ad una certa notorietà. Come del resto accade.

Molti lamentano che oggi l’arte, rappresenti solo o prevalentemente un fatto commerciale e di speculazione finanziaria, e colpevolizzano i mercanti. Ma l’arte è sempre stata un fatto anche commerciale. Paul Durand-Ruel (1831-1922) può essere considerato il primo mercante moderno, cosí come ancora oggi lo intendiamo. Il principale mercante di Gauguin e Cézanne è stato Ambroise Vollard (1867-1939). Il principale mercante del Cubismo è stato Daniel Henry Kahnweiler (Germania, 1884-1979).

Nel Regno Unito (1869-1939) operò tra Londra, Parigi e New York nel primo Novecento Joseph Duveen, che rappresentò una figura fondamentale sulla strada del successivo modello di mercante affermatosi nella seconda metà del Novecento. Attualmente ben il 22% del mercato mondiale dell’arte contemporanea è rappresentato dalle sole firme di Basquiat, Koons e Wool, il cui punto comune è quello di essere americani e di essere sostenuti dal mercato di fascia alta e, soprattutto, da Larry Gagosian, il mercante d’arte a capo di un impero di 15 gallerie, oggi il più potente al mondo nel creare l’èlite del mercato. Non colpevolizziamo quindi il mercato.

Il problema reale, tuttavia, è rappresentato per la Sardegna dalla assoluta carenza di questo settore, a mio parere invece fondamentale. Ma tutto ciò non significa che la cultura e il linguaggio artistico rappresentino solo per questo cultura economica propria del libero mercato privato, finalizzata all’annientamento dell’artista. Che le quotazioni di un artista dipendano dal mercato è un fatto oggettivo, positivo e non implica assolutamente che i linguaggi dell’arte cessino di rappresentare, solo per questa sua presenza, una forma di ricchezza. Spesso è invece lo stesso artista, o auto presuntosi tale, a provvedere ad una sua spesso velleitaria auto quotazione, avendo come unico punto di riferimento prezzi magari pagati dal politico di turno o dall’amico.

Ma è un procedimento sbagliato perché, in un mercato che possa presentarsi con un minimo di credibilità, la quotazione di un artista deve essere raggiunta con fatica e dipende da tante diverse componenti, come ad esempio la conoscenza che di lui si ha in ambito regionale, nazionale, internazionale, la qualitá e la consistenza dell’attività espositiva, i giudizi di una critica ampiamente riconosciuta come autorevole, e, naturalmente, l’apprezzamento dei collezionisti, dei mercanti e dei risultati conseguiti dai vari lotti presentati nelle aste. Non è quindi corretto pensare che le quotazioni di un determinato artista, ormai accessibili in rete a chiunque, rappresentino una costruzione fatta a tavolino in un mercato dominato da privatizzazione e ultraliberismo.

É chiaro che quotazioni sopravvalutate, con le quali si chieda cento per avere cinquanta, ha solo contribuito a creare un meccanismo che incrina la fiducia nel mercato fino a bloccarlo. Ma andiamo oltre, impariamo a guardare lontano perché gli spazi esistono. Attualmente in ambito internazionale il mezzo espressivo preferito dai collezionisti é la pittura. Seguono il disegno, la scultura e la stampa. Anche la fotografia si é ritagliata a poco a poco un suo spazio nel mercato dell’arte. Video e installazioni monumentali rappresentano mezzi espressivi alternativi, e costituiscono solo una percentuale ridotta dei lotti collocati in asta, prevalentemente destinata a clienti istituzionali.

Oggi il mercato dell’arte è dominato, in abito internazionale, dalla concorrenza tra grandi case d’aste e tra Paesi che non intendono rinunciare ad essere o a diventare piazzeforti dell’arte, in un momento in cui dominano indisturbati il marketing, gli effetti delle moda e dell’ipermediazzazione del settore di fascia alta. Eppure non si può affermare che oggi l’arte rappresenti un bene di esclusivo appannaggio degli investitori e la maggioranza del mercato è alla portata di portafogli piccoli e medi. Dobbiamo sapere che nel mondo ogni anno vengono vendute all’asta tra 100.000 e 200.000 opere create da artisti chiaramente identificati e appartenenti a tutti i periodi creativi, al prezzo di meno di 10.000 €, mentre circa l’80% dei lotti è accessibile a meno di 5.000 €.

L’arte non è inabbordabile e le occasioni per comperare a meno di 5.000 € rappresentano quindi la maggior parte dell’offerta, ovvero il 66% delle opere contemporanee. E in presenza di un’offerta tanto ampia è chiaro che bisogna investire tantomeno su firme affermate quanto su giovani artisti, infatti i più giovani saggiano il mercato delle aste a prezzi più competitivi che in galleria, mentre i più quotati generalmente sviluppano una produzione abbordabile parallela a quella a prezzi più elevati con opere vendute a meno di 5.000 € per la metà dei lotti. E al di fuori delle firme mediatiche e degli effetti di moda, tutte le scene artistiche europee (e non solo le emergenti) sono da esplorare o da riscoprire.Gli spazi operativi nei quali muoversi quindi esistono ed ènecessario essere preparati per potervisi inserire con buone probabilità di successo. E non si può non parlare, fra l’altro, dell’emergere del settore museale come vero e proprio segmento economico.

Nella realtà oggi i musei sono vere e proprie “cattedrali” dei tempi moderni, vero e proprio carrefour di tutte le generazioni e di tutti i ceti sociali in cerca di quella vena di singolare specificità offerta dall’opera d’arte in contrapposizione all’appiattimento di tutti gli altri beni. Le cifre sono da vera e propria vertigine se si tiene conto del fatto che tra il 2000 e il 2015 sono nati più musei che in tutto il XIX e XX secolo e che attualmente, e in particolare in Asia, oggi nasce un museo al giorno. Ma dobbiamo anche sapere che il contesto museale caratteristico del XIX secolo è ormai superato nella sua immobilità.

Oggi si parla di industria museale e di turismo museale, così come Malraux nel suo Museo immaginario aveva già previsto. Uno spazio, quello di questo nuovo museo, dove tutte le arti siano presenti, in un carrefour di culture e di generazioni diverse, e dove sia possibile una interazione assolutamente nuova tra l’opera e il fruitore, favorendo così l’attuale crescita spettacolare del mercato dell’arte. Teniamo presente che, almeno come regola di carattere generale, ad un museo sono necessarie non meno di 3-4000 opere di qualità museale affinché possa venire considerato credibile.

E su queste ultime considerazioni io vorrei particolarmente soffermarmi perché l’idea di salvaguardare la propria identità regionale deve rappresentare non una limitazione, ma una ricchezza, e non deve impedire a nessun artista di aprirsi alla conoscenza di altre realtà e ad un confronto con esse. Personalmente ritengo che non ci sia ragione di pensare a forze oscure che mirino alla frustrazione degli artisti, con l’obiettivo di debellarli, estinguerli, omologarli.

Ma non si puó e non si deve restare isolati. Il mare non ha mai rappresentato per l’uomo una barriera, ma solo e sempre forse la migliore di tutte le vie di comunicazione possibili. Personalmente ritengo che ci si debba impegnare seriamente e senza inutili individualismi nella realizzazione di un grande progetto finalizzato a creare una rete di artisti, regionale ma aperta al mondo, fondata sulla solidarietà e sulla condivisione delle idee e delle esperienze. Vogliamo provarci?

*Foto: Scultura di Anna Saba

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