Il fine vita davanti alla corte europea dei diritti dell’uomo[di Pietro Ciarlo]

piedi mantegna

Il 5 giugno scorso la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha adottato la sentenza (46043/14) favorevole alla sospensione del trattamento medico che tiene in vita Vincent Lambert. Tale trattamento consiste nell’ alimentazione e nell’ idratazione forzata. Per un incidente, Vincent è in coma irreversibile dal 2008. Si tratta di un caso simile a quello di Eluana Englaro, ma complicato dal fatto che la famiglia è divisa.

I genitori, cattolici tradizionalisti, sono contrari, la moglie e alcuni fratelli favorevoli. In effetti, nonostante già il Consiglio di Stato francese si fosse pronunciato positivamente, neanche la sentenza della Corte Europea è valsa a chiudere la vicenda. Infatti, l’ ospedale di Reims, sembra anche a seguito di alcune intimidazioni, forse provenienti dall’ integralismo religioso, invece di procedere direttamente ha richiesto al Ministero della Sanità l’ adozione di un atto dispositivo di esecuzione della sentenza che a tutt’oggi non mi risulta assunto.

Questo caso è importante non solo per la vicenda umana e per la decisiva sentenza della Corte Europea, giudice inappellabile, ma anche perché su di esso, il 24 luglio, si è pronunciata la Conferenza episcopale francese. I vescovi francesi, si legge nella nota firmata da Olivier Dumas Ribadeau, segretario generale e portavoce della Conferenza, invitano a pregare per Lambert, per la sua famiglia, ma anche “per chi deve prendere decisioni”.

Dunque, una netta presa di distanza dalle visioni integraliste e la massima comprensione e apertura per chi deve adottare decisioni comunque tragiche. Una posizione dialogante simile a quella assunta dal Sostituto per gli Affari di Stato Monsignor Angelino Becciu a nome del Papa nel contesto della vicenda di Walter Piludu.

Ormai credo si possa dire senza tema di sbagliare che le posizioni ufficiali della Chiesa cattolica sulle complesse e tragiche tematiche del fine vita siano di apertura al dialogo riformatore. In Europa, e per l’ Italia in particolare, non è cosa di poco conto. Si potrebbe dire che tutto sia partito dalla Sardegna e dalla lettera di Monsignor Becciu, ma è così solo in parte.

In effetti, questa lettera credo sia stata la prima apertura riformatrice proveniente da una sede ecclesiale ufficiale, ma solo la così detta “Carta della Collina”, pubblicata anche su queste colonne, si sforzò di valorizzarne le aperture al dialogo. Per il resto ancora una volta in un modo o nell’ altro è prevalso il provincialismo isolazionista.

Spero che la sentenza della Corte Europea, le posizioni espresse da Monsignor Becciu a nome del Papa e ora anche dalla Conferenza episcopale di Francia, valgano, finalmente, a por termine alla guerriglia politico-giudiziaria condotta dalla destra più spregiudicata e dall’ integralismo più estremo, guerriglia che tanta pena induce ai sofferenti.

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