L’Italia ha un tesoro. Da proteggere [di Armando Torno]

uid_14b8c98294a.640.0

Il Sole 24ore 26 luglio 2015. Hervé Barbaret, sino a qualche giorno fa amministratore generale del Louvre, sosteneva che ogni euro investito in cultura ne genera altri dieci sviluppando turismo, commercio e servizi. L’indotto economico di un teatro non è da meno. E così va detto di cattedrali e santuari, di siti archeologici. L’unico problema è che in Italia sovente ci si dimentica di tutto questo; anzi non manca chi crede che la cultura sia soltanto un costo (da tosare quando mancano i soldi per far quadrare i bilanci dello Stato) e, soprattutto, ha un difetto: “non si mangia”.

Eppure il nostro Paese è seduto su un tesoro unico al mondo. Abbiamo oltre 46mila beni architettonici, 4.588 musei e istituti similari (con 240 aree archeologiche e 501 monumenti o complessi monumentali), 12.700 biblioteche e ben 51 siti Unesco (dei 1.031 riconosciuti). Possediamo più teatri lirici di ogni altro Paese d’Europa e ci sono luoghi in Italia che in meno di un chilometro quadrato hanno visto più storia e causato più emozioni che intere regioni della Germania. Esempi? Basti ricordare la sola Valle dei Templi di Agrigento o Pompei (nonostante i recenti scioperi) o il Teatro greco di Siracusa (sulle cui gradinate si sedette Platone).

Il vero problema – ora che sono cominciate le grandi vacanze – è che questo immenso patrimonio, oltre che fatto conoscere ai flussi turistici di tutto il mondo, dovrebbe essere protetto con strumenti adeguati alle nuove tecnologie. Invece in Italia è possibile rubare senza problemi – come è avvenuto lo scorso anno a Modena – un quadro del Guercino, nella chiesa di San Vincenzo a due passi dal tribunale. Non c’era un sistema d’allarme? E, se fu istallato, perché non era attivo?

Abbiamo rivolto queste domande a Carlo Hruby, vicepresidente operativo della fondazione omonima che ha realizzato numerosi progetti di protezione in tutta Italia: dalla Sindone di Torino alle Biblioteche Vaticana e Ambrosiana, dalle Torri di Bologna alla Basilica Palladiana di Vicenza alla Lanterna di Genova. Oltre i dati positivi (nel 2014 si è registrato un più 6,2% di visitatori nei musei rispetto al 2013, mentre il turismo culturale è in crescita: nel 2013 c’è stato un 3,6% in più rispetto al 2012), le preoccupazioni di Hruby sono rivolte ai costi della “non sicurezza”.

Ci confida: «Nel 2014 i carabinieri hanno recuperato 135.683 beni trafugati, per un valore stimato di circa 80 milioni di euro. Il dato dimostra l’eccellenza del lavoro della Forze dell’Ordine e, al tempo stesso, la debolezza delle protezioni adottate». Insomma, «protezione e valorizzazione sono due concetti strettamente legati». Più pubblico dovrebbe equivalere a maggior sicurezza.

Oggi le nuove tecnologie hanno messo a disposizione prestazioni che sino a qualche decennio fa si vedevano soltanto nei film di James Bond. I costi di istallazione? Sono inferiori senz’altro a quelli necessari per recuperare molte opere rubate (quando si riesce), ma sono anche alla portata di istituzioni non ricche per la forte evoluzione di elettronica e informatica. Del resto, qualcuno ricorderà i prezzi dei primi telefonini (e la loro ingombrante massa): paragonandoli a quelli odierni ci si può fare un’idea.

Esistono analisi video che consentono controlli capillari altamente affidabili e che si possono utilizzare anche per protezioni antiterroristiche. Per esempio, il cosiddetto “Panic Disorder” rileva e segnala improvvise e anomale variazioni di velocità e/o accelerazione di soggetti all’interno di aree virtuali; il “Gate Flow” è in grado di conteggiare e conoscere le eventuali aggregazioni di persone che attraversano linee virtuali in una certa direzione. Sono due esempi, tra i numerosi possibili, che permettono di sorvegliare attivamente “a monitor spento”, giacché questi si accendono soltanto quando i sistemi video di analisi generano un allarme.

Informazioni da strillare in Italia dove – di nuovo dei dati di Carlo Hruby – «su 4.588 musei, l’80% non ha più di 5 addetti, solo 1,5% ne ha oltre 50; ma la cosa drammatica è che ben 1.571 musei non hanno personale e 903 un solo addetto». E ancora: «Nel 49% dei musei l’ingresso è gratuito, in un terzo di queste strutture l’incasso dalla vendita dei biglietti non supera i 20mila euro l’anno; solo nel 40% c’è del personale in grado di fornire informazioni in inglese». Inutile aggiungere che la maggior parte delle protezioni sono inefficaci, non attive o desuete. E questo in un Paese dove si inaugurino oltre 11mila mostre l’anno, ovvero 32 al giorno; una ogni 45 minuti. Un “mostrificio” ricchissimo e mal custodito. Se non in qualche caso eccezionale.

One Comment

  1. Ottimo l’articolo “L’Italia ha un tesoro. Da proteggere” di Armando Torno.

    Sono direttore di museo (civico) da altre 50 anni, a titolo gratuito (anzi no, con un rimborso spese forfettario di mille euro all’anno); per vivere ho fatto il docente universitario ed oggi il mio vice-direttore, docente universitario pure lui, mi succederà e prenderà l’incarico.

    Questa condizione di non avere un organico strutturato, di essere senza mezzi, progetti e programmi, è la situazione della stragrande maggioranza dei musei italiani, spesso gestiti da volontari che, oltre alla buona volontà non hanno altre risorse, né professionali né economiche. Quindi la gran parte dell’immenso patrimonio italiano è (non) gestito dilettantescamente, nell’indifferenza dei politici ed amministratori che coltivano, spesso con una crassa ignoranza e supponenza, i loro giardinetti del potere.

    Non vi sarà soluzione, penso, fin quando non emergerà una diversa e più alta cultura, quella degli intellettuali che -finalmente- decidano di entrare in scena uscendo dalle turris eburnee delle accademie o dei circoli chiusi. Altro che la “fantasia” al potere come tuonava e sognava il buon Herbert Marcuse nel ’68; se rimangono in sella gli attuali padroni del vapore non ci sarà Risorgimento. E’ ora che i “chierici” (nel senso di “dotti” secondo Julien Benda) la smettano di tradire e scendano in lizza.

    Dario Seglie
    Direttore honoris causa di museo

Lascia un commento