Gli incarichi gratuiti svalutano il lavoro (favorendo i baratti) [di Michele Ainis]

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Il Corriere.it. 22 agosto 2015. Si è diffusa la convinzione che le prestazioni non retribuite siano giuste. Ma è solo demagogia che genera altri scambi: dai favori per i consulenti all’indennità per i politici

Se è gratis, c’è l’inganno (Ignazio Silone, «Fontamara»). E allora l’Italia è la Repubblica degli inganni. Provate a digitare su Google «consulente a titolo gratuito»: vengono fuori 606 mila risultati. Nonché il fior fiore delle amministrazioni pubbliche, dal governo nazionale al Comune più sperduto. Ultimo caso: la nomina di 20 direttori nei principali musei italiani. 7 su 20 sono stranieri, altri 4 tornano dall’estero, sicché procureranno un bell’esborso al nostro erario, rispetto alla promozione dei soprintendenti; in compenso la commissione selezionatrice ha lavorato gratis (articolo 4 del bando di concorso).

Ma ormai questa è la prassi, la regola non scritta. Anzi no, sta scritta a lettere di piombo nella riforma Madia: per i pensionati, solo incarichi non retribuiti. Dopo di che succede che la politica si spartisca le poltrone nel cda della Rai, scoprendo a cose fatte che 4 nuovi consiglieri su 7 sono pensionati. Perciò o rinunziano al posto o all’emolumento. Domanda: ma voi ci andreste a lavorare gratis? Non vi sentireste forse un po’ umiliati, sfruttati, raggirati?

Sennonché questi volgari sentimenti non vanno più di moda. Là fuori c’è tutto un popolo di consulenti che non bada a spese, contentandosi del rimborso spese. L’anno scorso Renzi ha designato 7 consiglieri economici, tutti rigorosamente a titolo gratuito. Quest’anno lo ha imitato, per esempio, il governatore dell’Abruzzo (6 incarichi di collaborazione). Dal gennaio 2015 il Comune di Genova ha elargito 11 consulenze, e 5 sono gratis. Gli stessi numeri (6 su 14) s’incontrano al ministero del Lavoro, o meglio del Dopolavoro. In agosto il sindaco di Positano ne ha firmate 11, inclusa una consulenza per i rapporti con l’Azerbaigian; ovviamente a costo zero. A Castellammare di Stabia il sindaco ha nominato consulente di fiducia suo cognato, senza spese né per la famiglia, né per l’amministrazione.

I comuni siciliani, poi, hanno più consulenti a titolo gratuito che impiegati. Così, a Monreale lo psicologo Terzo è al suo terzo incarico. A Piazza Armerina divampa la polemica: pare che fosse vuoto il curriculum degli incaricati, oltre che il loro portafoglio. Mentre non si contano i casi in cui l’ex assessore si trasforma in consulente: senza busta paga, però conservando la sua stanza. È successo, per esempio, a Castelvetrano; ma anche Crocetta ha nominato consulente non retribuito un suo precedente assessore.

Come si è generato il fenomeno in questione? Sommando il vecchio al nuovo. Nel primo caso entra in gioco un fattore culturale, il nostro rapporto col denaro. Gli americani, laicamente, non se ne vergognano; in Italia, viceversa, la tradizione cattolica considera i quattrini «lo sterco del demonio». La seconda ragione deriva dall’onda di disgusto via via montata dinanzi allo scialo di cui si è resa protagonista la politica; sicché quest’ultima ha reagito con risposte demagogiche, per rabbonire l’opinione pubblica.

Ma in realtà diseducandola, offrendole una pedagogia al contrario. Perché un conto è porre un tetto (240 mila euro) alle retribuzioni dello Stato, come decise il premier cominciando la sua avventura di governo; tutt’altra faccenda è stabilire, come unico punto irrinunciabile della riforma costituzionale, che i senatori debbano lavorare gratis.

Che ne otterranno in cambio? Magari l’immunità penale, un bene più prezioso del denaro. E come verrà ricompensato il consulente? Con favori, protezioni, «entrature». Insomma col biglietto d’ingresso in un circuito dove non conta il merito, bensì le conoscenze. Per i più giovani, non è proprio un bell’esempio. Specie se a loro volta dovranno faticare gratis in uno studio d’avvocato o d’architetto. Sennonché la retribuzione del lavoro è la misura della sua utilità sociale; non a caso viene prescritta dalla Costituzione (art. 36).

A meno che non si tratti di un’attività politica, ma allora scatta il diritto all’indennità (art. 69). Dunque questa moda dell’incarico gratuito si risolve nella svalutazione del lavoro, su cui si fonda la Repubblica (art. 1). Sicché, una volta di più, la nostra Carta viene elusa. Con una massima recitata sottovoce: ti pago sottobanco. Mentre noi tutti spalanchiamo gli occhi sul bancone, senza degna d’uno sguardo il banchiere che traffica di sotto.

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