La Regione e lo Stato come vedono la Sardegna? [di Angelo Aru]

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Parafrasando il titolo dell’intervento dell’amico e collega Giuseppe Pulina su Sardegna Soprattutto del 22 agosto, il valore materiale ed immateriale delle Terre e dei Paesaggi della Sardegna è talmente grande da poter essere difficilmente quantificato. E talmente prezioso da necessitare attenzioni e cure molto attente. Mi piace riportare una frase di Papa Francesco, che peraltro costituiva l’incipit di un mio precedente intervento su Sardegna Soprattutto, “Custodire la terra non solo con la bontà, ma anche con molta tenerezza” che Francesco ha pronunciato in un messaggio indirizzato agli organizzatori dell’EXPO di Milano. Aggiungendo che non saremo noi a lasciare in eredità la terra ai nostri figli, bensì che sono loro che ne concedono a noi l’usufrutto. Parole belle e dense di significato, quali mai un Papa aveva pronunciato.

Quale è, ahinoi, la realtà. Ma soprattutto quali sono gli intendimenti delle diverse società di capitali che vedono la Sardegna ricoperta di specchi ustori, di pale eoliche, di industrie inquinanti. E le spiagge ricoperte di colate di cemento. E lo Stato come vede la Sardegna? Basi militari e depositi di scorie nucleari.

Il dibattito sulle iniziative progettuali delle Società Flumini Mannu e Gonnosfanadiga Ltd, per la realizzazione di campi di solare termodinamico a Decimoputzu-Villasor, a Gonnosfanadiga e in altri siti dell’isola, è finalmente reso all’attenzione del grande pubblico dai media, ma con spirito di servizio è portato avanti da tempo da Sardegna Soprattutto e dal Fondo Ambiente Italiano. Decisamente stupefacenti e sconvolgenti gli argomenti delle Società posti a base delle motivazioni della scelta delle aree sulle quali realizzare gli impianti.

Col suo bell’intervento del 20 agosto, Nicolò Migheli risponde lucidamente in chiave socio-antropologica, scomodando giustamente Lombroso, agli stigmi sulla pastorizia contenuti nelle relazioni a corredo dei progetti delle società Flumini Mannu e Gonnosfanadiga Ltd, descrivendola come “attività barbara, sporca e violenta”. Ma altrettanto lucidamente, e con la pignoleria del ricercatore abituato a ragionare sui numeri, Pulina parla di prodotto lordo dell’attività pastorale, che costituisce ben il 40% del PIL dell’intera agricoltura sarda. Cita i dati relativi al numero degli addetti e delle imprese coinvolte e quantifica in 1,5 miliardi di euro il valore annuo dell’intera filiera agro-zootecnica. Due risposte molto forti, quindi, agli stigmi sull’agro-zootecnia contenuti nei documenti delle società in questione.

Non desidero addentrarmi nell’argomento esponendo statistiche a confutazione dei dati prodotti dalle due società; mi limito solo a ricordare che il settore agro-zootecnico insiste su una superficie di oltre 1,5 milioni di ettari (fra seminativi, pascoli, prati pascoli, meriagos e cespugliati) pari ad oltre il 60% dell’intera superficie isolana. Dato che rende il settore di primaria importanza per l’isola. Desidero viceversa fare alcune considerazioni in merito al valore delle Terre e dei Paesaggi nei quali tali attività si svolgono. Terre e Paesaggi sono due termini intimamente legati, che vedono come elemento comune e centrale il Suolo.

Ambiente quindi, con suo clima e le sue variazioni areali, con la sua geologia di base e le sue forme, con la vegetazione che naturalmente si insedia e con quella introdotta dall’uomo per soddisfare le proprie esigenze, alimentari in primo luogo. Differenziazioni tra queste diverse componenti che rendono il Paesaggio della Sardegna un unicum da utilizzare avendo attenzione a non alterare la qualità delle risorse – suolo in primis – e avendone cura con bontà e tenerezza, come insegna Papa Francesco.

Tutto quanto occupi o possa occupare impropriamente le Terre e modificare i Paesaggi va perciò respinto con forza perché limita la capacità primaria attuale e potenziale dei suoli di sostenere biomassa naturale o le coltivazioni. E non valgono gli artifizi escogitati dai tecnici che hanno redatto i progetti di dedicare una quota residuale delle aree di sedime degli impianti alle coltivazioni. Vorrei solo ricordare che i livellamenti, che dovrebbero essere realizzati per la posa in opera degli impianti e relativi ancoraggi, asportano il cosiddetto top-soil, che rappresenta la frazione biologicamente più attiva del suolo; quando non si tratti dell’asportazione integrale del suolo.

Va purtroppo considerato che in Sardegna non mancano esempi di fallimento di piani e progetti industriali o di grandi trasformazioni agrarie, forestali o pastorali. Tali sono gli esempi degli impianti di forestazione produttiva, realizzati per l’approvvigionamento di cellulosa per la cartiera di Arbatax in condizioni pedo-ambientali non compatibili con le specie introdotte; del cosiddetto piano pascoli; ma anche l’urbanizzazione di vaste superfici o l’insediamento di industrie ad alta capacità inquinante, con danni all’ambiente per la radicale modifica di paesaggi naturaliformi e di storici paesaggi agrari.

Anche in termini econometrici il valore dei Suoli, e quindi delle Terre e dei Paesaggi, è basato sperimentalmente sul rapporto tra la qualità dei Suoli, e delle Terre, e la produttività potenziale. Nulla a che vedere quindi rispetto ai valori di mercato basati, da un lato, su estimi non sempre aggiornati, per altro verso, su insiemi di componenti ( livello del reddito medio procapite, costo del denaro, offerta di suoli, condizioni di price-taker, ecc.) il cui rating è molto soggettivo.

L’ultima annotazione riguarda la qualità delle Terre. Questa viene valutata sulla base di parametri oggettivi che rappresentano le caratteristiche dei suoli (profondità, orizzontazione, tessitura, scheletro superficiale e negli orizzonti, permeabilità, capacità idrica utile, sostanza organica, elementi della fertilità e via elencando). Solo dopo un’attenta analisi di questi caratteri, da svolgersi in campagna e in laboratorio, possono effettuarsi valutazioni ricorrendo a metodologie interpretative riconosciute internazionalmente.

Per cui, in assenza di rigorosi rilievi pedologici e di altrettanto rigorosi processi valutativi non può essere, nel modo più assoluto, avanzata alcuna ipotesi sulla qualità, sulle attitudini e sullo stato di conservazione o di degrado delle Terre.

Infine, le operazioni di attribuzione di presunte condizioni di degrado delle Terre delle aree considerate, perpetrate dalle Società Flumini Mannu e Gonnosfanadiga Ltd, non incontrano neppure gli orientamenti della giurisprudenza (TAR del Molise, 399/2013): “…l’esigenza di tutela del paesaggio non è determinata dal suo grado di inquinamento, quasi che in tutti i casi di degrado ambientale sarebbe preclusa ogni ulteriore protezione del paesaggio riconosciuto meritevole di tutela, in quanto l’imposizione del vincolo serve anche a prevenire l’aggravamento della situazione ed a perseguirne il possibile recupero…”

*Professore emerito di Geopedologia dell’Università di Cagliari, Agronomo emerito dell’Ordine Nazionale degli Agronomi e membro dell’ Accademia dei Georgofili, dell’Accademia nazionale delle Scienze Forestali e dell’Accademia nazionale delle Scienze Agrarie.

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