Di foreste e d’altro n° 2 [di Giuseppe Mariano Delogu]
“Che ne sarà dei suoli nelle aree soggette a ceduo nel Marganai?” chiede e mi chiede Sergio Vacca entrando nel merito delle argomentazioni contenute nel mio articolo del 13 settembre pubblicato in questo sito. Non voglio abusare della pazienza dei lettori – non necessariamente specialisti e tecnici della materia – e non introdurrò elementi da manualistica professionale. Ho sostenuto infatti nell’articolo che la querelle è anche di natura strettamente politica e non tecnica, anche se della tecnica si è fatta un’arma tagliente da parte di alcuni. E non si tratta neppure di discutere se il bosco ceduo rappresenti “l’optimum” rispetto ad altre soluzioni, quali l’avviamento all’alto fusto. In entrambi i casi il bosco di leccio ha sue capacità naturali di risposta che consentono allo stesso di rinnovarsi pienamente, nel primo caso attraverso l’emissione di nuovi virgulti dalla ceppaia dopo il taglio, nel secondo caso favorendo la rinnovazione da seme. La preoccupazione di Sergio Vacca è che, dopo il taglio, il suolo rimanga scoperto ed esposto al processo erosivo delle piogge. Vero, ma questo fatto è certamente minimizzato dalle tecniche che si mettono in essere durante e dopo il taglio. Il piano particolareggiato dell’EFRS sulla gestione del Marganai, che ha una dimensione temporale di 10 anni, ha dato risposte a questa e a tante altre domande. In particolare, nello studio multidisciplinare, si prevede (tra le tante soluzioni tecniche individuate) che: “in aree costituite prevalentemente da boschi cedui, … diviene necessario ridurre e distanziare le tagliate con un intervento volto a rompere la continuita di tali accorpamenti, anticipando o ritardando il taglio di qualche particella rispetto al turno. E’ prioritario distribuire nello spazio le singole tagliate in modo da creare soluzioni di continuità,…. definire l’entità complessiva della superficie che, senza alterare significativamente il bilancio idrico, possa annualmente essere utilizzata nei singoli sottobacini idrografici. …. limitare l’ampiezza delle superfici di ogni singola tagliata in relazione alla pendenza dei versanti e aumentare l’intervallo tra due utilizzazioni contigue….il rilascio di fasce di rispetto nelle zone piu’ critiche e bisognose di protezione” Ancora: “Le principali tipologie di azione riguardano: Il tutto è stato oggetto di preliminare analisi dei suoli, della vegetazione, della componente faunistica, antropica (turismo, sentierismo etc.) e, ciò che più conta, sottoposta alla valutazione ed approvazione, dietro prescrizioni, da parte del Corpo Forestale, dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente (SAVI) e analizzato alla luce del piano di aggiornamento del SIC, documento in fase di discussione e per niente prescrittivo in quanto non ancora approvato. Ha anche avuto diverse fasi di discussione pubblica e sopraluoghi dentro la foresta che difficilmente si realizzano in altri processi decisionali. Il punto di vista del Prof. Angelo Aru, nostro comune e stimato maestro, è stato profondamente colto e ascoltato nella redazione dei documenti del piano di assestamento della foresta di Marganai. Ciò che non si può accogliere favorevolmente è l’approccio strumentale di certi punti di vista tecnici e l’uso politico che di essi si fa al fine di fare adottare, sull’onda della spinta mediatica, modelli gestionali che sono talmente distanti dalle finalità generali della pianificazione naturalistica che non possono essere inserite in un documento come lo studio del S.I.C. e, peggio, essere usate contro le azioni della P.A.. Per essere chiari, prevedere la “interruzione totale della ceduazione dei boschi di leccio su tutta la montagna” (non solo Marganai ma anche il Linas, la Foresta Demaniale Montimannu) non è una prescrizione o un suggerimento, è un vero e proprio atto di guerra contro gli usi e le tradizioni degli abitanti di quel territorio; impedire il taglio – sempre e comunque, anche quando riguarda le operazioni di avviamento al bosco d’alto fusto o l’estrazione del sughero maturo – infatti significa istituire una riserva naturale integrale (le norme non lo prevedono) escludendo l’uomo dalla montagna. Quanto agli studi ed al monitoraggio, anche questi sono previsti ed è assolutamente necessario condurli nel tempo; una buona opportunità perché si investano risorse e occasioni di formazione dei tecnici sardi su problematiche concrete e non astratte. E soprattutto: si realizzi una selvicoltura al servizio delle popolazioni locali e non di land-grabbers d’occasione pronti a rapinare il frutto del bosco. O peggio, lasciare all’incendio della foresta il ruolo di “erbivoro globale”. |
Gentile G.M. Delogu,
ha ragione, i dilettanti fanno paura e fanno paura in ogni disciplina. Per questo evito di fare il pedologo del fine settimana e imparo anche leggendo post come i suoi.
Tuttavia mi pare che in questa discussione nessuno ce l’abbia con la ceduazione in sé ma con la ceduazione in atto nel Marganai. Tutti sanno come “tagliare quanto ne ricresce” sia una pratica antica e sostenibile. Si sa anche come ci si possa campare e si conoscono i rischi di speculazioni legate alle foreste, non solo nell’isola. Tutte ovvietà. Però ho l’impressione che quando si arriva al punto, ossia il parere decisamente negativo del Piano di Gestione, ci si rifugi in una discussione generale per evitare lo specifico.
Inoltre non condivido l’incondizionata fiducia nei tecnici – ho imparato dal mio lavoro a non avere fiducia neppure in me stesso – perché sono conscio del fatto che c’è tecnico e tecnico e che comunque noi produciamo azioni e pensieri imperfetti quando non del tutto sballati. Ci salvano, hanno salvato l’intera specie, il principio di precauzione e la prudenza.
Così durante la lettura del Piano di Gestione firmato da Angelo Aru ho apprezzato i pareri espressi dal suo gruppo con fermezza ma senza la protervia che a volte caratterizza i cosiddetti tecnici.
So che quel Piano non ha efficacia giuridica perché non adottato e tanto meno approvato. Però è autorevole ed è il documento più referenziato sull’argomento. E’ “ingombrante” e afferma ripetutamente con chiarezza che nel Marganai la ceduazione deve essere proibita.
Tutto qua.
Ammetterà, spero, che sia giusto “coltivare” il dubbio – anche un dubbio ceduo – sull’operazione che investe centinaia di ettari di bosco (che non è preistorico però è ricco e vitale) anche se è progettata da tecnici della Regione, tanto più davanti all’opinione accreditata di un pedologo come Aru secondo il quale, cito testualmente, spiega che nel Marganai “è rigorosamente vietata la conduzione a ceduo in qualsiasi forma”.
Dunque in opposizione speculare a quella dei tagliatori.
Difficile, impossibile trovare una concordanza tra due pareri opposti.
Infine non mi sembra neppure che esista una gestione politica del dibattito sulla ceduazione e credo che i giornalisti, in questo caso, debbano essere ringraziati, compresi Sole e Stella giustamente appaiati.
Saluti cordiali,
Giorgio Todde
Gent. mo Dr. Todde: come non essere d’accordo con lei? Coltivare il dubbio è l’essenza della nostra vita quotidiana. Io. per esempio, coltivando il dubbio ho radicalmente revisionato le mie idee professionali sul fuoco e sulla resilienza della vegetazione forestale in ambiente mediterraneo, giungendo alla conclusione (mai definitiva però) che in fondo i nostri boschi ancora sopravvivano a noi, nonostante noi, per loro intrinseca capacità di risposta vitale. Altrimenti, dopo secoli di malvagie predazioni, non conteremmo i 1.350.000 ettari di foresta che l’Inventario Nazionale italiano assegna alla nostra terra. Altrove ho argomentato che non si tratta di una superficie conseguente alle mirabili politiche di gestione naturalistica regionale ma, più semplicemente, all’abbandono della terra e allo spopolamento, ne più ne meno come ai tempi conseguenti al crollo dell’Impero romano quando intere vaste aree d’Europa vennero ricolonizzate dalla foresta. Che una foresta pubblica, collocata nel suo concreto territorio fatto di calcari, graniti e anche persone possa essere utilizzata tecnicamente in modi che sono tecnicamente controllati e rispettosi delle capacità resilienti di qwuel tipo di bosco, dando nel contempo una opportunità economica allo stesso territorio e non a predatori esteri (land-grabbers) non mi pare una cosa di poco conto. Riguardo al Piano del SIC anche io ho letto le poco dubbiose (anzi categoriche ed imperative, nonchè in molti passaggi francamente esagerate e non supportate scientificamente) espressioni che lei cita e che io non attribuisco al Prof. Angelo Aru, ottima persona e mio personale maestro in pedologia, (con cui ho avuto la fortuna di lavorare producendo fin dal 1983 anche degli studi sui suoli calcarei), ma a qualche bizzarro interprete della pedologia ” ideologica” e della pedologia raccontata ad uso di altri scopi non dichiarati.
Naturalmente, scrivendo in queste pagine so bene che è legittimo e giusto che ciascuno coltivi le idee che ritiene di sostenere; legittimo può essere certamentedichiararsi contrario alla ceduazione dei boschi sul Marganai. Perchè ciascuno di noi ha nel cuore un proprio immaginario pensiero su cosa sia il bosco, cosa rappresenti, cosa nasconda di magico e meraviglioso. Ma un conto sono i pareri “opposti” un conto e trasformare un parere in verità scientifica.
La ringrazio per la cortese attenzione.
Gentile Giuseppe Mariano Delogu,
ho acquistato in questi giorni e quasi finito di leggere il suo libro sull’esistenza di un fuoco giusto per l’equilibrio delle foreste. Bello. E imparo cose nuove.
Ma parlavamo del Piano di Gestione del Marganai. E vedo ora che a suo parere il testo firmato dal pedologo Angelo Aru, dal geologo Tomasi e dal biologo F. Aru consisterebbe in “poco dubbiose (anzi categoriche ed imperative, nonché in molti passaggi francamente esagerate e non supportate scientificamente) espressioni… che io non attribuisco al Prof. Angelo Aru, ottima persona e mio personale maestro in pedologia, ma a qualche bizzarro interprete della pedologia ideologica e della pedologia raccontata ad uso di altri scopi non dichiarati”.
Lei dunque non attribuisce il testo del professor Aru al professor Aru.
Definisce le affermazioni firmate anche dal suo Maestro “non supportate scientificamente” e “francamente esagerate”. Però non ci ritrova lo spirito del Maestro e così attribuisce quei punti di vista a “qualche bizzarro interprete” di pedologia “ideologica” raccontata per “scopi non dichiarati”.
Ne deriverebbe insomma che il professor Aru, posseduto o ipnotizzato, ha sottoscritto teorie bizzarre prodotte da pedologi “ideologici” e con “scopi non dichiarati”.
Però sino a oggi il Piano resta là, anche per chi nel “divieto di conduzione a ceduo” non riconosce il professor Aru. E bisognerà farci i conti.
Di fatto i pareri, il suo e quello del Piano di gestione, non sono conciliabili salvo che una delle due parti non smentisca se stessa.
Ma appunto per questo ci si ferma, per il disaccordo, precauzionalmente. Non si sta operando in urgenza.
Vedremo poi le competenze della Sovrintendenza, vedremo la VIA e la VAS. Quelle sono altre paia di maniche.
E se alla fine della trafila fosse tutto a posto, non mi fiderei lo stesso, visto che l’intera nazione, isole comprese, è piena di schifezze che avevano il bollo del “tutto a posto”.
Ripeto che non possiedo alcuna competenza specifica salvo i miei hybiscus che fioriscono bene. Per questo motivo mi limito a leggere e a riportare fedelmente fonti credibili, tra cui la sua, e a rifletterci un po’ su.
Saluti cordiali,
Giorgio Todde
Gent.mo Dr. Todde. La ringrazio per gli apprezzamenti. Credo a questo punto tuttavia che, dato che non si può abusare di questo spazio, sia utile che ci si incontri- documenti alla mano – per avere risposte ai suoi dubbi sulle mie affermazioni. Cordialità
Gentile Giuseppe Mariano Delogu,
questo non è uno spazio di cui “abusiamo”. E’ un blog e dunque dedicato a discussioni civili come questa. Peccato che lei non voglia continuarla. Ma ormai le discussioni in giro sono pochine ed eravamo arrivati a un punto cruciale.
Lo riassumo in breve.
C’è un piano di gestione che non è approvato ma possiede autorevolezza e contrasta con il progetto di ceduazione che il comune di Domusnovas sostiene insieme a lei.
Nel Marganai, dice il piano, è “vietata la conduzione a ceduo”.
E lei, autorevole rappresentante dell’ente foreste, esprime pubblicamente un parere inconciliabile con quello del piano.
Ammette – non potrebbe essere diversamente – che il professor Aru quel piano lo ha firmato, sì, ma ci dice sorprendentemente di non attribuirlo a lui.
Quindi o il professor Aru era inconsapevole quando ha siglato il piano di gestione oppure era posseduto dal demone della “pedologia ideologica” che, francamente, non arrivo a immaginare in cosa consista.
Peccato interrompere la discussione. Non c’era bisogno di “carte alla mano” a quattrocchi perché il piano di gestione è in rete ed è chiarissimo: nel Marganai è vietata la ceduazione. Dice proprio vietata.
Per il resto la incontro con piacere, ovviamente. Ma non ho nulla da dire in privato che non discuterei volentieri in questo blog.
Saluti cordiali,
Giorgio Todde
Dr, Todde, il mio ufficio non è un luogo privato. L’aspetto
Giuseppe Delogu
Gentile Giuseppe Mariano Delogu,
lo so, lo so che il suo ufficio non è un luogo privato. Non so dove sia ma è in Regione, un luogo pubblico e trasparente. E poi lei non ha parlato di ufficio ma di un vago credo “sia utile che ci si incontri” e non di uffici dove incontrarci. Oltretutto neppure questo blog è privato, anzi, è ancora meno privato del suo ufficio.
Credo in sostanza di non avere avuto risposte al quesito sul piano di gestione e ribadisco che non immagino quale risposta potrebbe darmi “carte alla mano” diversa da quella che ha fornito qua. Il professor Aru firma un documento ma non è il professor Aru? Be’, per me è troppo difficile da comprendere. Rinuncio. Però la prossima volta che afferma qualcosa in un blog ricordi che è un angolo di discussione e che se qualcuno, come lei, “lancia” in rete un argomento dovrebbe rispondere nel merito alle obiezioni civili e circostanziate.
Saluti cordiali e, spero, a presto,
Giorgio Todde