Carlo Felice e l’antica città indifesa [di Maria Antonietta Mongiu]

Corso_3

L’Unione Sardai 22-09-2015. La città in pillole. Le ruspe frugano laddove c’era un tracciato romano. Si stupiva Attilio Zuccagni Orlandini nella sua “Corografia dell’Italia e delle sue isole” per come andavano le faccende sui collegamenti in Sardegna. Scriveva nel 1842 “Se ha cosa che potentemente influisce sulla condizione commerciale di un popolo, è lo stato in cui trovansi i mezzi di comunicazione da luogo e luogo”.

I sardi, sullo scorcio del XVIII secolo, per avere strade diverse dai tracciati romani sopravvissuti con i tratturi più antichi ci misero15 mila scudi “dei loro”. Sembrava vicino il collegamento Cagliari/Porto Torres. Battista Simon nel 1776 propose di riutilizzare gli avanzi delle strade romane ad allora le uniche “vie di terra” in Sardegna. I lavori presero avvio vicino ad Oristano ma si interruppero per gli eventi del 1793.

Ripresero nel 1800, l’anno dopo l’arrivo dei Savoia, in fuga dai francesi che avevano fallito l’assalto a Cagliari. Anche Vittorio Boyl e Leonard De Prunner nel 1802 verificano la percorribilità dell’antica viabilità. Malgrado Boyl realizzi vicino a Macomer, sull’antico tracciato, un tratto stradale, nel 1808 i lavori si arrestarono. Le risorse servivano a mantenere la casa reale e i suoi apparati che a Palabanda spensero nel 1812 gli ultimi sogni rivoluzionari.

Il glorioso luogo avrebbe visto la Strada Reale, realizzata tra il 1822 e il 1829, e, in una sua via, conservata la memoria di Giovanni Antonio Carbonazzi artefice della nuova a Karalibus Turrem, di 235 Km, la vecchia e bellissima “Carlo Felice”. L’incipit in piazza Yenne nella colonna miliaria sormontata da una piramide in marmo.

Di fronte la statua, opera di Andrea Galassi, del titolare della strada, paludato da antico romano. Dal basamento di Gaetano Cima, guarda inorridito le ruspe che frugano l’antica città che giace indifesa sotto i nostri piedi.

Lascia un commento