Sciatterie democratiche [di Gianni Corbia]
Festa del Pd a Cagliari. Slogan “nuragica, fenicia, romana, bizantina, pisana, spagnola. Sardegna” (sic!), un bignami manchevole della storia della Sardegna. Lo slogan non poteva che essere dimesso come la Festa, autoesclusa rispetto alla città, ininfluente e poco frequentata al punto che al sondaggio dell’Unione Sarda – che pure ha dato molta visibilità all’evento – oltre il’86% del campione ha risposto che la Festa non avrebbe potuto avere nessuna capacità di aggregazione. Festa autoreferenziale, lontana dai quartieri popolari e dall’antica sede del PCI che vede nei suoi paraggi un terribile muro segregare una chiesa dalla piazza come se l’una possa vivere senza l’altra. Una ferita che si accompagna alla perdita del complessivo senso dell’urbano a Cagliari, come tutti vanno ripetendo visto il degrado del centro storico segnalato dal Prefetto e l’abbandono delle periferie. Chissà cosa ne pensa Papa Francesco che iniziò il suo pontificato a poca distanza con parole che la dicevano lunga sul percorso che lo avrebbe portato a Cuba e in America ad abbattere muri in favore di ponti tra comunità. Evidentemente chi governa Cagliari ha inteso farlo nella logica dell’esclusione, del tutti nemici e se qualcuno si porta distante dagli incensieri e dagli incensatori apriti cielo. Va da se che coloro che non vivono da beneficiati cercano di stimolare il dibattito, di esprimere critica, di spronare le amministrazioni a pratiche che facciano crescere la città dal punto di vista etico, sociale, economico. Qui forse sta uno dei motivi di un autentico tonfo della festa per pochi che voleva essere il battesimo per la campagna elettorale della riconferma di Massimo Zedda, incombente e presente in ogni ora del giorno e della notte. Niente bagni di folla, niente popolo e niente elite. Provate ad immaginare l’animo di Luca Lotti vedendo la piccola pattuglia davanti a se? Avrà pensato si trattasse di un seminario per gli intimi che simpaticamente lo riportava indietro ai beni tempi dei boy scout e dei giochi serali intorno al fuoco. Ma come è possibile con una maggioranza bulgara come non mai? Renzi al governo, Pigliaru, presidente di Regione, Zedda sindaco di Cagliari, Soru segretario regionale. Come è che non si riesce a mettere insieme neanche una quota minima di pubblico degno di un sottosegretario alla presidenza del consiglio? Vero è che non si capisce bene cosa sia venuto a fare Lotti se non a trattare da manichini i rappresentanti delle istituzioni sarde che entusiasti si accontentano di fare i maggiordomi e i passacarte. E tutto qui il senso di quei banner manchevoli di pezzi fondamenti della storia. Si tratta forse delle surreali conseguenze del mancato inserimento della storia sarda nelle scuole? Provvederà Pigliaru a ovviare simile travisamento. Perché questi popoli e non altri? Proviamo a darne una interpretazione. I nuragici non potevano essere tralasciati. Una volta sì, quando la testimonianza della loro esistenza era relegata agli ottomila nuraghi e ad un po’ di bronzetti, ma dopo la scoperta dei Giganti, non è più possibile. E se poi la Sardegna è stata Atlantide, come la mettiamo? Ci giochiamo un atout di marketing da niente. I fenici, questa è facile, popolo di commercianti, quelli che hanno, secondo la vulgata, portato la civiltà nell’isola, sono i migliori testimonial di quel che vorremmo essere, un popolo di esportatori. Non a caso la Regione in questi giorni investe capitali per internazionalizzare le aziende sarde. I romani non potevano essere tralasciati, siamo cattolici, i segni della loro presenza sono dappertutto e poi ci hanno lasciato la lingua che parliamo: l’italiano. I bizantini, ecco qui si strizza l’occhio a due categorie. La prima la pubblica amministrazione, campione di bizantinismo e unica riserva di voti rimasta. La seconda è la Russia di Putin. La Saras non è proprietà di un amico suo? Lo so, ci si deve accontentare dei Pisani, non fatevi ingannare dalle torri di Cagliari o dal conte Ugolino, la ragione è un’altra. In Sardegna non abbiamo mai avuto la signoria dei Medici e a Renzi un contentino bisognava pur darlo. Spagnoli, ecco questo resta misterioso, forse si vuol dare un aiuto a Madrid, perché la Catalogna minaccia la secessione? O forse perché, in fin dei conti il sardo è un dialetto spagnolo? Chi lo sa. In realtà forse la ragione è un’altra, quelli del PD a scuola andavano male in storia e di quella sarda ne sanno poco o niente. Provate a fare una salto nel tempo, pensate al compianto Umberto Cardia che fa apporre uno slogan simile alle feste del giornale fondato da Antonio Gramsci. Non sappiamo di chi sia stata l’idea di rappresentare la Sardegna con quelle dominazioni. Di sicuro rivelano una grande rimozione, quella dei Sardi. Perché, detto così la Sardegna è solo un luogo geografico, invaso da stranieri ed abitato da popolazioni di cui non si conosce neanche il nome. Questa festa è la rappresentazione plastica della vergogna di essere sardi, è la dichiarazione esplicita di subalternità. D’altronde la giunta che governa l’isola è lo strumento della dipendenza da Roma e da Renzi. A questo punto non si può più neanche affermare che manchi una classe dirigente, perché esiste e lotta contro la Sardegna. A noi che assistiamo attoniti ci resta solo una grande tristezza. Hic rodus, hic salta. |