San Francesco, norme da ricordare [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 28/10/2015. La città in pillole. Il rudere del Convento di Stampace tra il Corso e Via Mameli. Spesso un articolo di giornale diventa preziosa fonte di cui essere grati all’estensore. Ci si riferisce qui a quello di Andrea Artizzu (L’Unione Sarda 29/4/2010), col titolo “ In vendita il convento di San Francesco” e sottotitolo “Stampace. Il complesso tra corso Vittorio Emanuele e via Mameli ora è un rudere. La proposta: la Regione dovrebbe trasformarlo in museo. L’area, sottoposta a vincoli, sarebbe stata valutata 1,5 milioni di euro”.

Il profilo della notizia inerisce nella storia culturale nazionale e dei Francescani che misero in opera il complesso nel terreno venduto nel 1275 da un mastro Tancredi di santa Restituta. Ma anche in quella della tutela sempre più problematica. L’intervista di Artizzu a Lucia Siddi, funzionaria della Soprintendenza ai beni architettonici, allora nell’ufficio di gabinetto dell’assessore regionale ai beni culturali Lucia Baire, ricostruiva le vicende del chiostro e della chiesa gotici, i più importanti in Sardegna, dalla dismissione nel 1861.

Accennava a trattative con la proprietà del chiostro che confermò le interlocuzioni con la Regione per la cessione, iniziate nella legislatura precedente. Da fonti giornalistiche e da un’inquietante cartellonistica si apprende che il complesso medievale è passato – senza la scontata prelazione dello stato magari per la Regione – ad un altro privato che prevede persino una foresteria costruendo un primo piano già rudere quando lo visitarono Giovanni Spano e Gaetano Cima alla faccia delle leggi sulla tutela, del Piano Particolareggiato del centro storico, del non adeguamento del PUC di Cagliari al PPR del 2006, delle norme dello stesso e di quelle urbanistiche.

C’è qualcuno dei decisori di ogni livello e di chi è preposto alla tutela che voglia ricordarsi di norme e leggi?

One Comment

  1. raffaele ibba

    Ho letto, nei giorni scorsi, una megacartellonistica in via Mameli che annuncia la costruenda intenzione di fare un museo di arte moderna e contemporanea dentro e contro (“Doctor Livingstone, I suppose” disse il giornalista bianco al primo bianco incontrato dopo migliaia di chilometri in Africa “nera”) i ruderi del chiostro di san Francesco di Stampace.
    La domanda che mi son fatta – nelle mie numerose ingenuità – è stata: “Che cosa ce ne facciamo?” … “Per chi e sotto quale profilo?” … “A quale scopo?” … “Adesso, quarant’anni dopo il successo mondiale dei musei di arte contemporanea, che poi mica so che cosa son diventati, a parte qualche realtà encomiabile”.
    Adesso Maria Antonietta Mongiu si e ci fa alcune domande meno ingenue e a cui il Comune e il sindaco Zedda dovrebbero dare risposte.

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