La “follia” del solare termodinamico scuote il MIBACT [di Donato Cancellara]
Per l’impianto Termodinamico previsto in Sardegna a Decimoputzu, Provincia di Cagliari, denominato “Flumini-Mannu“, della potenza elettrica lorda di 55 MW e similare a quello della Regione Basilicata con analoga occupazione di oltre 200 ettari di suolo agricolo (269.12 ettari), lo scorso 7 ottobre il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo – Direzione generale Belle arti e Paesaggio – Servizio III, nell’ambito della procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.), ha fornito parere tecnico istruttorio negativo che si aggiunge all’ulteriore parere negativo fornito il 16 settembre scorso dall’Assessorato per la Difesa dell’Ambiente della Regione Sardegna. Ovviamente, dalla Relazione paesaggistica presentata dalla società proponente, nell’ambito della V.I.A., si legge la solita “minestra” divenuta oramai una consuetudine in quasi tutti gli studi proposti dai potenziali accaparratori di Terre, Paesaggio ed Ambiente: “da quanto riportato si può affermare che la zona scelta per la realizzazione dell’impianto termodinamico solare “Flumini Mannu” non presenta problematiche dal punto di vista naturalistico e paesaggistico. L’opera, di dimensioni non irrilevanti, si va ad introdurre in un contesto dove non sono riscontrabili elementi di particolare pregio e l’utilizzo di tecniche di mitigazione, naturali ed architettoniche, riduce notevolmente l’impatto visivo della centrale“. Le motivazioni del diniego espresso dal Ministero sono espresse in oltre settanta pagine ed evidenziano che l’impianto solare termodinamico determina “un’alterazione sostanziale del sito e della sua attuale conformazione, tale da snaturare il valore paesaggistico riconosciuto dalla competente Soprintendenza Belle arti e Paesaggio”. La stessa Soprintendenza di Cagliari e Oristano precisa che il contenuto degli ultimi elaborati, presentati dalla società, non hanno “la struttura necessaria per l’esame di cui si tratta in questa sede in quanto sembrano rivolti alla promozione divulgativa del progetto” ed inoltre sembrano “sottovalutare le qualità del paesaggio caratterizzante l’area dei progetto, della quale evidenziano solo alcuni aspetti tendenzialmente favorevoli all’impianto e non invece i valori da noi più volte rappresentati, che verrebbero pregiudicati dalla nuova centrale“. In Sardegna il progetto “Flumini-Mannu” non è l’unico termodinamico proposto e la forzatura di realizzare opere industriali “folli”, con il medesimo intento più volte affermato dall’ANEST (Associazione Nazionale per l’Energia Solare Termodinamica) di acquisire competenze per propositi più competitivi nei mercati dell’Arabia Saudita, caratterizzata da aree desertiche e quindi da territori idonei a questa tecnologia, non avviene nell’indifferenza delle Comunità interessate, che pur essendo a favore delle rinnovabili, non tollerano l’irrazionale depredazione e sfruttamento delle loro Terre per scopi diversi da quelli per i quali le stesse sono sempre state utilizzate. Quelle Comunità ormai stanche dell’affarismo spregiudicato e della politica nazionale sorda alle vere esigenze della periferia, che già da tempo ha fatto sentire il proprio grido tramite motivate e propositive proteste dalla Regione Sardegna (cfr. https://www.youtube.com/watch?v=2kK_efY7MYs) e dall’Area del Vulture – Alto Bradano della Regione Basilicata (cfr. https://www.youtube.com/watch?v=8FtXUGCQlAU). Per meglio comprendere la “follia” di questi impianti è utile ricordare che il Presidente dell’ANEST, grande sostenitore del solare termodinamico in Italia, durante il convegno che si tenne a Palermo il 18/19 settembre 2012 affermò testualmente: “… l’incentivazione che è stata data non è molto elevata in termini di MW istallabili. Quello che noi faremo in Italia, non è un qualcosa che servirà più di tanto al mercato nazionale dell’energia. Non possiamo pensare che 600 MW o 1 GW o quand’anche si arrivasse a 2 GW siano risolutivi per il nostro programma energetico […] Quello che faremo in Italia sarà importantissimo perché servirà da palestra per tutto quello che faremo dopo. Le sperimentazioni sono vitali per cui gli impianti che faremo qui serviranno a dare quel know how tecnologico, quella leadership alle imprese italiane che poi potranno meglio competere sui mercati internazionali”. (cfr. https://www.youtube.com/watch?v=vMGtd2iYxbE dal minuto 5:03 a 7:55). I mercati a cui fa cenno l’ANEST sono l’Arabia Saudita e la Cina. In Arabia Saudita il K.A.CARE (King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy) prevede di installare 25.000 MW di “solare termodinamico” nel giro di 20 anni con investimenti che superano i 100 miliardi di dollari. In Cina si prevede, nell’altopiano del Tibet, una potenza istallabile 15.000 MW di “solare termodinamico” su una superficie di 20.000 ettari di totale deserto. È così complicato comprendere che l’Italia, la Basilicata e la Sardegna in particolare, non sono l’Arabia Saudita, non sono paragonabili all’altopiano del Tibet, non hanno nulla di similare a qualunque altro deserto follemente immaginabile? Dovrebbe essere arrivato il momento che la “follia” lasci spazio alla realtà, alla serietà e alla voglia di investire seriamente nel settore delle rinnovabili vedendo nella parola Green qualcosa di inscindibile dal verde dei nostri campi ed incompatibile con il grigio delle speculative ferraglie. *Associazione Intercomunale Lucania- Associazione VAS per il Vulture Alto Bradano |