Informazione ed èlite al tempo dell’autunno della Sardegna [di Andrea Sotgiu]
Quest’estate un giornale isolano annunciava a titoli cubitali “E’ tornato”. Mancava nel titolo il nome, ça va sans dire. In ritardo vedo questa autentica chicca (vivo fuori parte dell’anno) e la uso come metafora dello stato delle classi dirigenti della Sardegna, spesso in deficit di opinione pubblica. Il giornale è quello che solletica il revanscismo del nord contro “Cagliari padrona” piuttosto che chiedere conto a chi ha ruoli. Come accade in tutti gli autocolonialismi – lo ha spiegato bene Vidiadhar Surajprasad Naipaul Nobel nel 2001 – l’assenza nel titolo del nome esprime sì provincialismo e gregarietà ma soprattutto perdita di senso di se. Lo conferma il riferimento, nell’articolo, alla figlia del “principe” che, avendo trascorso molto tempo in Costa, capisce persino il gallurese. Che si tratti di un nuovo titolo da mettere nei curricola di chi voglia speculare nell’isola? L’articolista ben si guarda dal ricordare che il “principe” è quello ha tentato, in ogni modo, di farsi approvare un Master Plan. Non ha smesso di provarci neanche oggi che i padroni della Costa sono altri, sperando di trovare sponda nell’attuale governo regionale, da non escludere, vista la posizione del governo e, di conseguenza, della giunta Pigliaru con i qatarioti. Pensa di essere più accattivante con il sardo o con qualche spicciolo al Museo di Samugheo. Funzionerà la via identitaria? L’escamotage pseudo-umanitario dell’ospedale – costerà ai sardi 50 milioni all’anno – è stata già percorso da altri. Il quadretto da capanna dello zio Tom non è completo se non si ricorda che all’inizio della legislatura lo stesso giornale definì l’attuale presidente quello con il “cognome giusto”. Tra le tante questioni della Sardegna quella più grave riguarda una parte delle sue élite e della sua informazione. Il discrimine è allora la forma con cui le testate sarde discutono i temi dell’ambiente e dell’autonomia e, senza soggezione, fanno giornalismo d’inchiesta su industria, inquinamento, energia, lavoro, progetti edilizi sulle porzioni pregiate del territorio. L’esame del sangue ciascuno lo può fare da solo analizzando, come parametri, la rappresentazione e il racconto di due soggetti. Entrambi politici. Il primo è l’attuale giunta, nella sostanza gregaria ed eterodiretta, la cui inattività è confrontabile solo con quella dell’attuale Consiglio in cui trenta consiglieri sarebbero già troppi. Sarà questa legislatura che porrà le basi per la fine all’autonomia speciale a cui Renzi aspira. A ragione visti i comportamenti di Pigliaru e Soru, distanti ed in conflitto, ma simili nei confronti del presidente del consiglio e del suo cerchio magico, da cui si sentono e sono entrambi legittimati. Il secondo è lo stesso Soru. Se fosse un normale imprenditore, non avrebbe creato scandalo trasformare Funtanazza in un albergo o, come si legge oggi, venderla chiavi in mano col progetto approvato dalla Regione. Non avrebbe suscitato scandalo se non in quelli che sostengono con convinzione “mai più un mq in più di cemento”. Chiasso o reticenza sono possibili perché lui è il politico che quando era presidente della Regione promulgò il PPR che ha interrotto progetti simili. Ma in assenza di una seria legge sul conflitto di interesse, si può essere segretario del maggior partito di governo della regione, quello che ha il potere di condizionare la giunta, solo richiedendo la sostituzione di un assessore, e allo stesso tempo un imprenditore con interessi che quella giunta può approvare o bloccare? Qualche giornale ancora rappresenta la sua parabola come quella dell’imprenditore innovativo. Vero è che Soru, deve la notorietà al fatto che è stato antesignano delle TLC tanto che, alla fine degli anni ’90, fu rappresentato tra gli esponenti più in vista della New Economy. Non viene certo ricordato per le attività edilizie che pure lo avevano visto attivo prima di Tiscali. Non c’è qualcosa di male che, venduta Tiscali, ritorni a fare il costruttore. Come tanti in Sardegna che però non sono nelle istituzioni che decidono norme e leggi e meno che meno segretari di partito che decidono chi deve andare nelle istituzioni. Ecco perché è necessario che tutte le rappresentazioni siano effettivamente indipendenti e che le èlite tornino ad essere opinione pubblica forte ed autorevole. Oggi così non è in una Sardegna che muore nel silenzio di tanti. |