Di seconda scelta. Immigrati terra e demografia [di M.Tiziana Putzolu]
Alla fine la domanda, quella domanda arriva. Prima altre domande. Importanti e soft. Quanti sono. Da dove vengono. Cosa fanno. Poi, piano piano, eccola, la domanda. Ma sono più quelli che partono o quelli che arrivano? Qua, in Sardegna? Sì in Sardegna. Si ragiona di immigrazione. Negli ambienti più colti nessuno si sogna di urlare che sono sistemati in comodi alberghi con piscina. Che sono troppi e che ci rubano il lavoro. No no. Quelle sono frasi che dicono quelli che definiamo xenofobi. O razzisti. Noi no. Noi facciamo ragionamenti più alti. Ragioniamo di accoglienza. Lo facciamo sostenuti da buone scuole di pensiero. Mettiamo in relazione calo demografico ed immigrati. Diciamo che ci servono, gli immigrati, perché aiutano l’economia. Tiriamo fuori i dati sulla previdenza, sulle imprese, sulla scuola e gli insegnanti perdenti cattedra a causa della contrazione demografica. Ma alla fine, in fondo, un po’ per la pigrizia di andare a rovistare tra i numeri (www.istat.it, dove si trova quasi tutto ciò che si vorrebbe sapere), si vuole capire, soprattutto, se sono più quelli che partono o quelli che arrivano. Dietro l’angolo della domanda perspicaci quanto ideologiche, veloci ed intuitive deduzioni. Alla stregua di quella moneta cattiva in circolazione che scaccia quella buona, secondo l’enunciato della legge di Gresham, finanziere inglese al quale si fa risalire la scoperta economica nel 1551, gli immigrati che arrivano a fiumi ed i giovani sardi che partono a frotte trovano curiosamente una simmetria di ragionamento in molte acute ed illuminate menti. Non solo sarde. Nelle quali arzigogolati assunti ideologici si sposano con le paure, in fondo, covate sotto la cenere. Senza riflettere a sufficienza sul fatto che se un giovane sardo parte a fare il pizzaiolo in Germania o un musicista a Londra non c’è compensazione se al suo posto arriva a Olbia un muratore dalla Romania e un pastore albanese a Silanus. Se parte una giovane da Olmedo a fare la banconiera in Irlanda la sua partenza non è compensata da una ucraina che arriva a fare la badante ad una anziana che nessuno vuole più tenersi in casa a Senorbì. Perché arrivi e partenze non sono numeri. Sono pezzi di umanità, tratteggi di vita, profili di competenza, amori interrotti, figli e gatti lasciati a genitori, genitori lasciati a fratelli e sorelle. Sono studi non riconosciuti, abiti di seconda mano, racconti, cibi, profumo di zenzero e curcuma, una spaghettata a New York, una birra a Dublino, una chitarra a Camden Town, usanze, musiche e molte fiabe. La gente è molto preoccupata. Anche in Sardegna. Come si fa? Dove ce li mettiamo? Ma come spesso accade, tranquillizzanti e pacate, arrivano le trovate. Politiche. Forse in buona fede. A guardar bene, tutto sommato, a buon mercato. Geniali. Perché non averci pensato prima. Hanno scritto articoli su giornali isolani. Hanno rilasciato interviste. L’idea si diffonde, contamina. Sono sempre di più a divulgarle. Sai che c’è, che magari qualcuno, dillo oggi e ridillo domani, si convincerà. Che, in fondo, possono aiutarci a ripopolarci e coltivare la terra. Moderni migranti, coloni e fecondatori. Soprattutto nelle zone interne della Sardegna dovremmo incoraggiarli ad andare. Dove c’è poca gente e molta terra. Praterie di terreni pronti da coltivare, come sanno tutti. Magari possiamo assegnare loro delle terre, dannate come quelle da cui spesso se ne sono andati, farli diventare pionieri versione moderna, come ha sagacemente sostenuto il famoso giornalista Severgnini. Un equilibrato liberale di sinistra. Diciamolo agli immigrati che stiamo studiando questo per loro. Diciamolo anche agli abitanti delle zone interne che bella idea ci sta venendo per i loro territori. A pensarci prima, quante pagine di teoria dello sviluppo si sarebbero risparmiate. Quante pagine di programmazione economica. La soluzione era in fondo così semplice. Gli immigrati. Vedi come, alla fine, con la crisi, anziché stare lì a pensarle le soluzioni per il lavoro, per giovani e meno giovani che partono, gli immigrati possono risultare utili. Come gente di seconda scelta. *Gli immigrati regolarmente residenti in Sardegna nel 2014 sono 45.079 e sono aumentati di 2.920 unità. Nell’anno precedente erano 42.159, aumentati di 6.549 rispetto al rispettivo anno precedente. Provengono per oltre il 50% dal continente europeo. Il maggior raggruppamento è costituito da 9.042 donne provenienti dalla Romania. **Idos, “Dossier Statistico Immigrazione 2015” , Roma, 2015 *** Per la Redazione regionale Idos, ha curato il capitolo “Sardegna. Rapporto immigrazione 2015” per conto del Centro Studi Relazioni Industriali – Università degli Studi di Cagliari |
Il fatto è che la lungimiranza è dono di pochi. Donne e uomini politici lungimiranti sono merce rara (il loro sguardo è sul breve periodo, sulle prossime elezioni, sulla certezza o meno di essere rieletti, al 99% di loro questo interessa). C’è poi una gran massa di persone che purtroppo non ha (non gli sono stati dati, volutamente) gli strumenti critici per superare il contingente e guardare avanti, lontano. E allora?… Allora devono farsi sentire le intelligenze (l’intellighenzia), gli intellettuali e i pensatori, tutti coloro che senza secondi fini vogliono il bene della società che li circonda. Le persone che studiano le trasformazioni sociali e che, non aspettandosi poltrone di alcun tipo, facciano sentire la loro voce perchè per governare lo sviluppo di una popolazione ci vuole lungimiranza, capacità di immaginare il futuro lontano, tra cento o duecento anni. Chi ci sarà nella barbagia del 2200? Chi vogliamo che ci sia? E cosa possiamo fare per avviare già da subito un processo che ci porti a realizzare gli obiettivi che vogliamo raggiungere?