Calvino e la filosofia [di Laura Tundo Ferente]

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MicroMega. Il rasoio di Occam. 2 novembre 2015. Che tipo di approccio ha avuto Calvino verso le questioni di tipo più propriamente filosofico? A rivelarcelo può essere l’intenso rapporto da lui intrattenuto con gli scritti di Charles Fourier.

Sono trascorsi trent’anni dalla morte di Italo Calvino avvenuta nel 1985, ed è una buona occasione sia per rileggere i suoi scritti: racconti, saggi, lezioni, sia per ricordarne ai più giovani la figura poliedrica di intellettuale, di promotore di cultura, di letterato. Può essere anche una buona occasione per esplorare l’ampiezza e lo spessore dei suoi interessi, che sarebbe riduttivo chiudere entro il perimetro soltanto letterario; sebbene abbiamo compreso da tempo che la letteratura non ha confini né tematici né formali e che il “labirinto del senso” sia il suo territorio. Meno frequentata ma sicuramente utile, in ordine a questa esplorazione, è, ad esempio, la comprensione dei suoi interessi filosofici, o almeno l’emersione del rapporto fra I. Calvino e le questioni filosofiche.

L’attrazione e l’attenzione di Calvino per la filosofia, sfugge a una declinazione tecnica e a una precisa caratterizzazione, senza tuttavia cadere nel generico. Quello che conosciamo di Calvino ci consente, con un ragionamento negativo, di escludere dalla sua sensibilità filosofica un approccio di tipo ontologico, metafisico, estetizzante; non sembrano interessarlo lo schematismo e la categorizzazione di tanto razionalismo filosofico-scientifico, né l’analisi logico-deduttiva applicata a una dialettica separata dalla vita, disincarnata.

L’interesse per la filosofia coincide in Calvino con la ricerca di senso che la filosofia persegue al più alto livello e in particolare dove incontra il linguaggio e lo modifica con l’uso del simbolo, dell’analogia, della metafora, non per ottenere una maggiore aderenza alla realtà, ma per esprimerla più liberamente e senza vincoli, per dare spessore e densità concettuale al racconto, per restituire ai pensieri e alle cose le sfumature della bellezza, i segmenti della molteplicità, la ricchezza della differenza.

Fra la fine degli anni ‘60 e i primi anni ’70 Calvino incontra un filosofo fuori dagli schemi, che si dichiara anzi anti-philosophe, un pensatore già riscoperto in Francia dai maggiori intellettuali del momento, ne resta affascinato e decide di occuparsene: è Charles Fourier. Sono anni dominati dalla Contestazione, dalle grandi manifestazioni che in Europa vedono congiuntamente attivi gli studenti e la classe operaia. Obiettivo comune della loro protesta è l’organizzazione autoritaria che governa la scuola, l’università, la fabbrica e lo slogan scandito nelle piazze e scritto sui muri esterni della Sorbonne è “l’imagination au pouvoir”. In quegli anni solo la visione lunga e preveggente dell’utopia sembra avere parole adeguate ai sogni e contenuti adeguati ai bisogni.

La casa editrice Anthropos ripubblica anastaticamente i primi 6 volumi delle opere di Fourier, noto come utopista, socialista libertario, attivo in Francia fra la fine del ‘700 e la prima metà dell’800, e vi aggiunge un volume inedito, Le nouveau monde amoureux, rintracciato pressso Les Archives Nationales e trascritto dai cahiers originali 55-56 da Simone Debout Olexiewicz. L’opera inedita è uno scritto dirompente che i discepoli e l’Ecole Societaire, la scuola fourierista diretta da Victor Considerant, avevano ritenuto di nascondere, e comunque di tenere riservato; in esso il progetto utopico di Fourier entra nella descrizione delle relazioni d’amore, dei rapporti poligamici in Armonia, di una inedita forma di famiglia.

Calvino è immediatamente catturato dall’autore, già apprezzato dal movimento surrealista che nel Manifeste du Surrealisme (1924) legge Fourier come un interprete della «libertà umana concepita come facoltà di poter fare ciò che piace e che perciò coincide con la libertà dell’immaginazione che è assoluta»; interprete del trionfo dell’immaginazione su una realtà addomesticata dal conformismo culturale, dell’istinto vitale sulla ragione, e da André Breton e che nel 1945 pubblica l’Ode a Ch. Fourier.

Ancor più Calvino è catturato dagli scritti, compreso l’inedito pubblicato a Parigi nel ’68, e decide di offrire al pubblico italiano l’opportunità di avvicinarsi all’autore e leggere qualcosa della sua vasta opera che considera straordinaria. Appronta per Einaudi una scelta attingendo all’intera produzione di Fourier, dalla Teorie des quatre mouvements del 1808, fino al Nouveau monde amoureux. La traduzione italiana della selezione è pubblicata con un’ampia Introduzione di Calvino nel 1971, lo stesso anno in cui UTET manda in traduzione italiana integrale la Teoria dei quattro movimenti.

Per il lettore che conosce gli scritti di Fourier è immediatamente evidente il criterio-guida che Calvino ha seguito nella scelta: nessuna preoccupazione sistematica, ma molta attenzione all’utopicità degli scritti, alla descrizione immaginifica e visionaria, alla arditezza della scrittura, alla resa visiva del linguaggio quando racconta qualcosa che non esiste con la medesima cura del dettaglio, coerenza ed esattezza della critica sociale ed economica, vale a dire di ciò che esiste, ed è analizzato e documentato con grande acribia.

E’ “l’Ariosto degli utopisti”, come era stato definito, che interessa a Calvino, è “l’inesauribile inventore di neologismi”, è “lo spirito visionario e minuzioso”, è la proposta organica di un nuovo ordine domestico, sociale, cosmico; è il travail attrayant, il lavoro-piacere corrispondente alle attitudini e alle passioni, è la messa in luce di nuovi valori, nuovi comportamenti, di una nuova morale; è il nuovo modello urbanistico e abitativo che architetti come Boullé, Ledoux, Le Corbusier considerano precursore dell’urbanistica moderna.

Pur riconoscendo la straordinaria portata della critica sociale che pervade l’opera di Fourier, la stessa cui avevano attinto a piene mani il Marx degli scritti giovanili e lo Engels dell’Antidühring, Calvino è attratto dallo “spirito veramente poetico” che anima il “romanzo filosofico”, dalle doti satiriche e perfino “dall’architettura matematica delle serie” che aveva già affascinato R. Queneau e R. Barthes. E’ l’alleanza “del meraviglioso con l’aritmetica” che – dice Calvino – oggi potremmo chiamare “alleanza dell’eros con la cibernetica, dove il sogno si concilia con la realtà” attraverso il gigantesco “ordinatore dei desideri” dove, ordinateur è il nome francese del computer e siamo ancora nel 1970.

L’attenzione ai caratteri formali della scrittura e alle innovazioni linguistiche e stilistiche si accompagna alla ammirata valutazione di alcuni contenuti: anzitutto le passioni; l’analisi, la tassonomia la definizione fourieriane Calvino le trova raffinatissime e senza remore afferma che “confrontato coi più illustri classificatori delle passioni umane sia nella tradizione della Chiesa – da Tommaso ai gesuiti – sia in quello della filosofia – da Cartesio a Spinoza – Fourier è il cantore della loro naturalità, che in ogni situazione, in ogni espressione di desiderio, in ogni preferenza e gusto coincide con la loro bontà e utilità”.

Per Calvino, l’arte di narrarle, le passioni, di descriverne i fini sintonici con l’antropologia e con la struttura naturale della socialità (la cabaliste passione dell’intrigo, la papillonne, della variazione, la composite della armonizzazione del molteplice) esprime la loro valorizzazione e tutta la fiducia nell’uomo di natura di contro alle costruzioni ideologiche e frustranti della doppia morale.

Calvino resta poi ammirato dalla impostazione radicalmente nuova e dal fascino di un modello pedagogico “antiautoritario e antirepressivo”; le piccole Bande, le piccole Orde e la loro attività, nota, “sono straordinarie anticipazioni di quello che Freud e la psicoanalisi ci faranno osservare a distanza di un secolo”.

La cucina e il teatro, luoghi elettivi della formazione e istruzione dei fanciulli hanno già sollecitato l’interesse degli innovatori della pedagogia, e hanno provocato perfino una sperimentazione in Unione Sovietica negli anni ’60, oltre naturalmente a quelle precedentemente condotte nelle comunità americane; delle une e dell’altra Calvino non solo si mostra informato e documentato ma non esita a dirsi entusiasta.

In realtà, data l’ampiezza dei testi fourieriani, la scelta delle parti selezionate da Calvino per la pubblicazione in italiano coincide con i contenuti che considera più interessanti. Scorrendone le pagine, appare evidente la sua preoccupazione: offrire al lettore italiano la possibilità di accostare un autore che la cultura europea ha riscoperto in quel momento storico, perciò con questo di sprovincializzare l’offerta editoriale e alimentare il corto circuito della comunicazione culturale di qualità attraverso un autore “talmente altro e diverso da tutti, da suscitare forti simpatie e antipatie”. Baudelaire e Flaubert avevano letto Fourier e Stendhal ammetteva “che ci vorranno vent’anni per riconoscere il suo rango di sognatore sublime”.

Dopo l’Ode di Breton e dopo la scoperta degli inediti sulla vita amorosa in Armonia, M. Butor, R. Barthes, P. Klossowski, R. Queneau e Blanchard si accostano agli scritti di Fourier e scrivono di lui. E’ dunque questa risonanza nell’ambiente filosofico- psicoanalitico-letterario europeo che Calvino vuole mettere in circolazione in Italia e la sua è un’importante operazione di politica editoriale e culturale.

La poliedrica personalità di Calvino emerge così in modo sempre più netto: i suoi interessi filosofico-sociali si fondono con la sua profonda conoscenza delle correnti di pensiero del suo tempo, delle avanguardie e delle contaminazioni che lo attraversano.

Quando passa a richiamare l’attualità di Fourier Calvino rinvia in modo puntuale e documentato non solo alle cose di cui tutti parlano: al maggio parigino e ai molti e diversi rivoli che alimentavano “la contestation globale”, ma anche al fenomeno delle comunità hippy della California di quegli anni di cui mostra di conoscere le formazioni, i costumi, i modi della convivenza; alla nascente rivoluzione femminista negli USA e in Europa, alle sperimentazioni pedagogiche, a quelle architettoniche di cui aveva compreso l’intima valenza sociale, di un’architettura e di un’urbanistica che non possono considerarsi neutre rispetto ai modelli di socialità, devono anzi farsi promotrici di forme di convivenza.

In questo Fourier diventa per Calvino sempre più un pretesto per comunicare i suoi pensieri, la sua propria filosofia, la direzione della sua ricerca di senso.

*Docente di Filosofia morale e Bioetica presso l’Università del Salento

One Comment

  1. Giovanni Pellegrino

    Penso che Fourier debba essere ristudiato; ne vedo l’attualità delle intuizioni di fondo… Tra curiosità e interesse, si può ripartire, nelle mutate condizioni contemporanee, per evitare errori già fatti e rielaborare modelli e relazioni per un futuro più concreto e felice…

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