Cappellacci, rinunci al PPS. Approvarlo aumenterà solo i danni! [di Sergio Vacca]

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L’approvazione il 25 ottobre del 2013 , da parte della Giunta,  della Delibera di revisione del Piano paesaggistico regionale del 2006, ha definito uno strumento pianificatorio caratterizzato da fortissime negatività su ambiente e territorio. Che non sono mitigate neanche dalla pomposità del titolo, peraltro informale, di  Piano paesaggistico dei Sardi. In estrema sintesi, i punti nodali sono rappresentati da questi elementi:

(a) i fiumi ed i torrenti, cosiddetti minori, sono esclusi dal novero dei beni paesaggistici;

(b) le norme transitorie permettono che siano effettuate “nuove realizzazioni e aumenti di volumetrie”, sino al 15% per interventi edilizi e ristrutturazioni e sino al 25% per strutture recettive anche nella fascia costiera all’interno dei 300 metri dalla battigia;

(c) la possibilità che siano riattivati progetti edilizi previsti in vecchi piani;

(d) la possibilità che si edifichi in aree agricole, indipendentemente dalla qualità professionale di che effettua la richiesta; 

(e) la realizzazione di strutture ricettive e residenziali collegate ai campi da golf, nell’ambito di accordi regione-comuni, che possono riguardare anche aree tutelate.

Ecco i danni che si produrranno all’ambiente con la trasformazione in legge di quel provvedimento. Escludere fiumi minori e torrenti dalla tutela paesaggistica, significa dare il via libera alla cementificazione delle aree golenali o di quelle prospicienti il reticolo idrografico minore che caratterizza i paesaggi della Sardegna.  E’ il reticolo idrografico minore che veicola le acque meteoriche che raggiungono il suolo, normalmente nella parte alta del bacino idrografico e che, attraverso successive confluenze, alimenta il corso d’acqua principale.  E’ proprio in questa porzione di territorio, soprattutto nei piccoli bacini idrografici, che  il deflusso per chilometro quadrato è elevatissimo ed i tempi di corrivazione sono invece assai ridotti. Ne consegue che la velocità delle acque e la portata sono tale da determinare un’erosione fortissima del suolo, trasformando il corso d’acqua in un imponente flusso di fango, con alta capacità distruttiva dei manufatti.  Perciò, è proprio sul reticolo idrografico minore che va  realizzata la protezione più attenta.

Strettamente collegato a questo aspetto, l’edificazione indiscriminata nelle aree rurali, sottesa dalla possibilità che chiunque possa realizzare fabbricati indipendentemente dalle necessità dell’impresa agricola. Questo  determina, oltre alla sottrazione di suoli fertili alla capacità  primaria di produrre biomassa vegetale,  anche la modificazione delle forme del paesaggio incidendo pure sulla geometria del reticolo idrografico. Ulteriore contributo questo all’erosione del suolo. Gravare ulteriormente sulla fascia costiera con nuovi interventi edificatori, nei termini previsti dal cosiddetto PPS,  significa modificare ecosistemi fragili, che sopravvivono grazie al mantenimento di equilibri tra apporti di sedimenti continentali e la loro asportazione o movimentazione dovuta alle correnti marine. Ma anche mutare gli equilibri delle falde acquifere costiere, con possibile progressiva salinizzazione delle acque sotterranee e dei suoli.

Ultimo, ma non in termini di importanza, il sistema infrastrutturale e urbanistico che si realizzerebbe in attuazione del programma golfistico. A parte la pericolosità potenziale di accordi che riguardino interventi in aree tutelate, le modificazioni che sarebbero introdotte nel territorio potranno produrre gli stessi effetti dell’edificazione del territorio rurale. Abbiamo detto in termini sintetici di cosa potrà verificarsi se verrà approvata in via definitiva dal Consiglio regionale il cosiddetto Piano paesaggistico dei Sardi, fortemente voluto dal presidente Cappellacci. Ahinoi, la compromissione del territorio regionale, conseguita  a norme che tanto hanno concesso in termini di edificabilità – compresi i ricorrenti condoni edilizi –  ma anche le innumerevoli “disattenzioni” in campo urbanistico, perpetrate a livello locale, hanno fortemente esaltato gli effetti dell’ evento meteorico dello scorso lunedì.  Certamente fuori dalla norma, tuttavia sempre meno infrequente.

Ricordiamo eventi meteorici molto importanti per intensità ed effetti: nel 1951 nel Sarrabus, nel 1998 nel Campidano meridionale, nel 2008 a Capoterra, nel corso dei quali pluviometri e pluviografi hanno registrato piogge nelle 24 ore anche dell’ordine dei 600 millimetri. Addirittura, in un pluviografo nel bacino del rio Santa Lucia si arrivò a registrare i 900 millimetri.

Le piogge degli ultimi giorni,  solo parzialmente imputabili agli effetti del cambiamento del clima, hanno prodotto  in questa occasione effetti  decisamente disastrosi. Per limitarci al  nord-est dell’isola, il ciclone – denominato ufficiosamente “Cleopatra” – ha scaricato tutta la sua potenza in un territorio reso fragile dagli abusi edilizi. La pioggia, registrata in 440 millimetri, si è riversata in un’area nella quale costruzioni, che insistono su un reticolo idrografico fortemente obliterato dagli interventi susseguitisi nel tempo, hanno ostacolato il regolare deflusso delle acque ed esaltato la potenza distruttiva. Danni ingenti alle persone – 6 deceduti solo ad Olbia e oltre 5 mila gli sfollati –  ed alle cose. Una prima sommaria stima fa ascendere a non meno di trecento milioni  i danni alle strutture ed ai beni nella città. 

E’ l’uomo – sia politicus che comunis – ad avere gravi responsabilità in tutto questo, se si pensa che oltre una quindicina di “piani di risanamento” hanno caratterizzato la politica urbanistica della città negli ultimi vent’anni. E’ spontaneo chiedersi se il presidente Cappellacci, alla luce degli effetti disastrosi di un fenomeno naturale, che tuttavia ha fortemente esaltato gli effetti distruttivi in un territorio fortemente – e aggiungerei – malamente antropizzato,  deciderà  di ritirare  il PPS. Ossia, deciderà di lasciare in vita senza modifiche a quel Piano Paesaggistico Regionale, voluto dalla Giunta Soru,  che aveva fatto sperare nel cambiamento del paradigma “edificatorio”, che aveva caratterizzato l’urbanistica della Sardegna nei decenni precedenti. Se lo farà, presidente Cappellacci, la Sardegna gliene sarà grata.

 

4 Comments

  1. Edna Bier Baranes

    interessante “denuncia” di problemi da tempo conosciuti ed ignorati . L’eccezionalità dell’evento attuale e la mobilitazione conseguente non vadano sprecati in discorsi senza fine nè fini ma si spera in qualche intervento concreto nell’Isola ed in altre zone disastrate d’Italia.

  2. Gigi Angeli

    Ritengo saggio e onesto l’intervento di Sergio Vacca; e se altrettanto saggio e onesto fosse Capellacci, rinuncerebbe al PPS da lui voluto da domattina. La “melina” di questi giorni del presidente Capellacci “in gita” per le zone alluvionate, ha solo ipocriti fini elettorali. Magari ai morti in cantina gli promette che potranno avere ( non il loculo ) ma un’altra cantina ( più capiente e riconosciuta abitabile ) che equivale ad un loculo più confortevole. Sosterrà infatti la politica “sviluppistica” ( assassina … ) come in quel di Capoterra che dopo l’alluvione ( con morti) del 2008, si continua a costruire tranquillamente nelle solite zone a rischio. Le pianificazioni dovrebbero essere le attuazioni delle leggi concepite e volute nel pubblico generale interesse. Di fatto sono l’attuazione dell’inganno ovvero il delinquenziale che diventa legalitario stravolgendo lo spirito delle leggi di riferimento. Infatti l’Italia non è una Repubblica fondata sul lavoro. No ! è fondata sull’affarismo guidato dalla cultura mafiosa … ovvero dal delinquenziale … che è l’ANTISTATO.

  3. Rossella Monti

    Il Prof Vacca ci ricorda che il rischio si controlla agendo sull’esposizione e la vulnerabilita’. Elementi che a differenza dell’hazard sono oggetto di un’ attenta e cosciente pianificazione

  4. Quira Ruiu

    Condivido pienamente su quanto illustrato, egregiamente, da Prof Vacca.
    La natura non deve essere violentata dall’egoismo dell’uomo, ma esige il dovuto rispetto delle sue leggi per il bene di entrambi. Auspichiamo che, il suo cortese appello a chi ha in mano le decisioni sul futuro della nostra isola, sia accolto con coscienza politica e umana.

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