Fede, tradizione, comune civitas [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 18 novembre 2015. La città in pillole. Quel Codice dei Romani a fondamento di tutte le culture europee. In questo autunno fattosi triste, cittadino è parola assai frequentata. Dalla Marsigliese all’emozionante “cittadina meravigliosa” detto da una madre per una figlia che una sventagliata di mitra ha portato via. Parola che risuona da nord a sud, da est ad ovest qui come nell’ultimo boulevard dell’antica Lutetia Parisiorum, di cui è a fondamento. Perché anch’essa è città di lunga durata, più giovane di quelle affacciate sul Mediterraneo da cui raramente i mercanti importavano merci e consuetudini, come scrisse Cesare. Da periferia divenne luogo baricentrico e spazio letterario universale. In Viaggio alla fine del millennio di Abraham Yehoshua, è già predestinata a mille suggestivi meticciati. Ambientato nel 999 racconta di Ben-Atar mercante ebreo che parte da Tangeri per Parigi, sull’orlo di quell’apocalisse dell’occidente che Rodolfo il Glabro racconta nelle Cronache dell’anno mille. Il viaggio è uno spaccato dello straordinario melting pot fiorito sulle sponde del Mediterraneo dopo il tramonto dell’impero romano e la frantumazione di quello bizantino. Viaggia verso quella che pensava fosse la periferia del mondo a trovare suo nipote e socio Abulafia, che aveva interrotto i rapporti perché la moglie critica la sua bigamia. Accompagnato da due mogli, un ismaelita e un rabbino andaluso ha l’obiettivo di convincere la donna, conciliare differenti paradigmi, e fare sintesi tra fede e tradizione e comune civitas. Aspirazione irriducibile da quando la parola civis compare nelle Leggi delle XII tavole, primo Codice scritto dei Romani. Parola dalle ascendenze indeuropee, contiene l’idea del cooperare e dell’unione. Fonda tutte le culture comprese quelle di coloro i quali armano giovani ignari della loro stessa storia. Ricordiamolo. *Foto: Basilica di St. Denis – Parigi |