Allons enfants de la Sardaigne [di Andrea Sotgiu]
Il celebre íncipit Allons enfant de la patrie, le jour de gloire est arrivé! Contre nous de la tirannie dell’inno francese celebra la lotta per la libertà. Aspirazioni ormai affermate in tutti gli Stati europei dove vige la democrazia, il rispetto dei diritti umani, il diritto a libere elezioni. Gli episodi di Parigi ricordano quanto sia esposta la democrazia costruita nei secoli, e quanto precarie nel mondo la pace e la civile convivenza. Giusto sentirsi vicini al popolo francese, promuovere le fiaccolate, ricordare le vittime della follia terroristica. Giustissimo manifestare fermamente il proprio no alla violenza. Bene hanno fatto il governatore Pigliaru, il presidente del Consiglio Ganau, il sindaco di Cagliari Zedda ad accompagnare il console onorario francese Dore nella commemorazione delle vittime e nella volontà di non cedere all’odio e alle divisioni. Toccante il momento in cui il console, in Piazza Palazzo ha intonato la Marsigliese, non accompagnato dai politici presenti, forse troppo emozionati o forse non a conoscenza dell’inno da cui discendono quelle tre parole: liberté, egalité, fraternité oggi, ancor di più, simbolo e riferimento della civiltà europea. Vero è che Francia ed Europa non hanno sempre dato testimonianza di questi valori. Hanno alimentato guerre neo-coloniali per interessi economici nei territori da cui provengono gli assassini dell’Isis. Per fermare i quali s’invoca una sorta di Patriot Act europeo, sulla falsariga di quello statunitense del 2001 che accresce il potere dei corpi di polizia e di spionaggio con lo scopo di ridurre il rischio di attacchi terroristici ma intaccando la privacy dei cittadini. Si invoca, soprattutto a destra, un’escalation militare, come quella in atto in Francia che risponde agli attacchi terroristici in Europa con bombardamenti massicci nei territori dove si annida l’Isis e già devastati dall’Isis stesso. Servono davvero per risolvere il disordine mondiale o è meglio che la parola torni alla politica? Come si sostanzia la seconda ipotesi? Può la politica decidere la rinuncia ai combustibili fossili per tagliare ai terroristi finanziamenti che vengono dal petrolio, come ha suggerito l’ex premier Giuliano Amato, e alla produzione di armi destinate, se non direttamente all’Isis, ai paesi arabi che sostengono e finanziano il sedicente Stato Islamico? Perché la politica sarda che poco conosce la Marsigliese e forse canta con orgoglio Barone sa tirannia non si ribella, ai baroni d’oltremare che decidono che la Sardegna sia utilizzata come teatro di guerre simulate; per la produzione di armi destinate agli stati finanziatori dell’Isis che volano a destinazione dall’aeroporto di Cagliari; per cedere agli stessi stati ampie porzioni di territorio per strutture sanitarie d’eccellenza e che in realtà peseranno sui nostri bilanci? Perché la politica nostrana espone la Sardegna e i suoi abitanti al rischio? Se si vuole fare terra bruciata al terrorismo da queste semplici domande bisogna partire. Ma la politica sarda è andata in vacanza da tempo, assorbita da interessi personalistici e da alchimie politicanti ed elettoralistiche, forse ignara che l’ultima volta i sardi che hanno votato erano il 37%. Un atto di sfiducia clamoroso di cui Renzi ed il suo luogotenente Lotti se ne infischiano giacchè gli eletti nell’isola sono dei semplici podatari. E’ necessario allora che la politica torni in campo con classi dirigenti, autorevoli e capaci, che non sono appunto quelle che, a tutti i livelli, rappresentano la Sardegna. Torni in campo gente seria non con la retorica delle parole ma con la determinazione delle azioni. Che confermi, Costituzione alla mano, il rifiuto della guerra non producendo armi e rifiutando accordi commerciali e imprenditoriali con gli stati fiancheggiatori del terrorismo. Serve classe dirigente che sappia amministrare le risorse della propria terra e che non le metta a disposizione di speculatori e di guerrafondai. Occorre rifiutare la tirannia travestita. E allora Allons enfants de la Sardaigne! |