La Nato alla guerra contro la Russia [di Fulvio Scaglione]
Da Beirut – Dopo averla evocata, minacciata e infine promessa, la Nato ha avviato ieri la sua guerra contro la Russia. Ha aperto le danze l’Ucraina passata dopo la rivolta di Maidan dalle mani dei proconsoli russi a quelle dei proconsoli americani. Non facciamoci ingannare da Mr. Chocolate Poroshenko, che non conta nulla. L’uomo forte, a Kiev, è il premier Arsenij Yatsenyuk, vero uomo Nato, assistito e forse controllato dai personaggi che gli Usa hanno imposto: la ministra dell’Economia Natalia Jaresko, cittadina americana, lunga carriera al Dipartimento di Stato e all’ambasciata Usa in Ucraina prima di avere in due ore la cittadinanza ucraina e entrare al Governo; il banchiere lituano Aivaras Abromivicius; e il ministro della Sanità Aleksander Kvitashvili, georgiano, gran collaboratore di quel Mikhail Saakashvili che dapresidente della Georgia, e sempre con l’assistenza Nato, trascinò il suo Paese nella disastrosa guerra con la Russia del 2008. Saakashvili, come gli altri gratificato da una cittadinanza ucraina a presa rapida, è diventato invece governatore di Sebastopoli, guarda caso la regione che confina con la Crimea. Il colpo contro la Crimea aveva il chiaro intento di alzare la tensione con la Russia e delegittamere il Cremlino proprio nel momento in cui, dopo le stragi di Parigi, Vladimir Putin si appresta a raccogliere i dividendi politici dell’intervento in Siria, anche sotto forma di un’intesa politico-militare con la Francia che, in un modo o nell’altro, incrinerebbe il fronte europeo delle sanzioni. Poi, a completare l’opera, hanno pensato i turchi abbattendo il caccia russo. Si discuterà in eterno se il velivolo stesse ancora volando sui cieli della Siria o già su quelli della Turchia. Quello che conta è che fino all’altro ieri Russia e Turchia avevano una miriade di progetti in comune, nel campo dell’energia (gasdotti, centrali nucleari) e del commercio. Negli ultimi anni i rapporti tra Russia e Turchia non hanno fatto altro che crescere, in ogni settore. E non si abbatte il mezzo militare di un Paese amico (comunque non nemico), anche se avesse commesso una violazione dello spazio aereo, se non si vuole creare scientemente un incidente internazionale. Un attacco che non è Nato ieri.Nemmeno Erdogan è così scatenato da concepire una simile mossa in solitudine. Facendolo, e facendosi scudo della solidarietà Nato, però, manda due messaggi: giù le mani da quella porzione di Siria, il Nord abitato dai curdi, su cui la Turchia ha già messo gli occhi; e grazie alla Nato, che in quattro anni non ha mai fiatato sulle evidenti complicità turche nelle azioni dell’Isis ma non ha mai smesso di tuonare contro lo schieramento russo al fianco di Assad. La Nato conferma di essere lo strumento politico-militare degli Usa e di essere diventata parte attiva nel progetto di smembramento e spartizione della Siria concepito e coltivato da Usa, Turchia e Arabia Saudita. Progetto di smembramento che replica quelli già perseguiti con successo in Iraq, Libia e appunto Siria, in attesa di far saltare anche il Libano. Questo naturalmente fa capire anche ai pochi “ingenui” rimasti che non vi è alcuna guerra contro l’Isis da parte della coalizione americo-saudita ma solo un utilizzo strumentale dell’Isis e delle altre milizie islamiste per la realizzazione di quel progetto spartitorio. Il tutto, ovviamente, sulla pelle di decine di milioni di persone che vivono in Medio Oriente e che, a differenza di noi europei, hanno capito tutto benissimo. Cresce e si espande il già diffuso sentimento di diffidenza e rancore nei confronti dell’Occidente, che non esita ad abbracciare le forme più radicali di islam per perseguire i propri fini politici. Ed è un sentimento che riguarda, ormai, non solo i musulmani sciiti, i cristiani e le altre minoranze sacrificate sull’altare della realpolitik, ma anche i musulmani non fanatici, quelli che non vogliono saperne del radicalismo wahabita promosso dall’Arabia Saudita. La Nato non lo sa ma sono tantissimi. *Vice-direttore del settimanale “Famiglia Cristiana“. E’ stato corrispondente da Mosca, ha seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l’Afghanistan, l’Iraq e i temi del Medio Oriente. |