Un’Europa più stabile è possibile [di Lucrezia Reichlin]

- Paris Marais

Corriere della sera 28/11/2015. La robustezza di un’economia e delle istituzioni che la governano si giudica dalla sua capacità di affrontare in modo adeguato eventi imprevisti. Lo choc della recessione globale del 2008 è stato un test per la zona euro che aveva appena celebrato quasi 10 anni di stabilità. I sette successivi hanno messo in luce fragilità e inadeguatezze e innescato un processo di riforma che molti, me inclusa, pensano sia ancora inadeguato.

Ma mentre stiamo ancora digerendo la storia degli ultimi sette anni, ecco che l’Europa è colta impreparata da nuove emergenze: l’immigrazione e la sicurezza. Si tratta di un tema complesso, ma non c’è dubbio che qualsiasi risposta si voglia dare, sarà necessario mettere i soldi sul piatto. Per il problema dei migranti nuovi stanziamenti sono indispensabili sia per la difesa dei confini comuni che per la loro integrazione. Pochi Paesi saranno in grado di contribuire senza infrangere le regole del patto di Stabilità che li vincolano a un tetto preciso sul deficit e sul debito. La Francia ha gia detto esplicitamente che non rispetterà le regole sul deficit e l’Italia sta giocando con il fuoco. Altri seguiranno.

Ci sono due strade alternative che si possono percorrere. La prima è quella di allentare le regole per tutti e lasciare maggiore flessibilità di spesa ai Paesi. Questa a mio avviso è una strada potenzialmente pericolosa. Come ho scritto più volte, regole che sono oggetto di un continuo negoziato perdono credibilità e finiscono per indebolire il sistema invece di rafforzarlo.

Non dimentichiamoci che anche se le regole del deficit fossero rispettate e la crescita del Pil tornasse ad un tasso medio annuo del 2 per cento, il debito ereditato dalla crisi del 2008 non si eliminerà nell’arco dei prossimi 10 anni. In questa situazione, una flessibilità à la carte potrebbe portare i mercati a dubitare di nuovo della solidità dei Paesi piu indebitati e a provare a testare nuovamente il sistema come nel 2011 e 2012. Per queste ragioni penso che sia non solo auspicabile, ma anche inevitabile, percorrere una seconda strada e aumentare la capacità di spesa dell’Unione emettendo debito federale. Quest’ultimo, in quanto garantito dall’insieme dei governi, sarebbe «sicuro» e non ci esporrebbe quindi al rischio di instabilità finanziaria.

Proposte di questo genere sono state bocciate nel passato in quanto implicano, potenzialmente, un trasferimento di risorse dai Paesi creditori a quelli debitori. Ma allora si trattava di «salvare» alcune banche o qualche Paese, non di mettere risorse in comune per affrontare un problema comune. L’incentivo ad agire insieme è, oggi, più forte. Una proposta in questo senso è appena stata formulata da un documento cofirmato di Emmanuel Macron, ministro dell’Economia francese e Sigmar Gabriel, vice cancelliere e ministro dell’Economia e dell’Ambiente in Germania.

Spero che l’iniziativa non rimanga inascoltata e che l’Unione Europea la faccia propria. La zona euro in particolare ne beneficerebbe perché questo sarebbe il veicolo per un’espansione fiscale che altrimenti non sarebbe possibile mettere in opera. Un bond per finanziare la sicurezza e l’integrazione dei migranti, emesso da una agenzia apposita e garantito dall’insieme dei Paesi dell’Unione, potrebbe peraltro essere il primo passo per quella federazione fiscale dell’eurozona di cui tanto si parla ma che stenta a nascere.

Come hanno fatto recentemente notare gli economisti Jacob Funk Kirkegaard e Thomas Philippon, gli Stati Uniti hanno speso nel 2015 per la difesa della loro frontiera 32 miliardi di dollari mentre la disponibilità finanziaria dell’agenzia europea Frontex, che garantisce la sicurezza dei nostri confini, è stata, nello stesso anno, di 140 milioni di euro. Non è pensabile costruire un’Europa prospera e sicura rimanendo prigionieri di regole disegnate per proteggerci dall’instabilità ma che nell’insieme limitano la nostra capacita di azione collettiva.

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