Informazione distorta e mondo reale. L’Europa e il mondo di fronte al terrorismo e alla crisi [di Antonio Budruni]

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L’Europa fatica ad uscire dalla crisi cominciata nel 2007. L’Europa meridionale fatica ancora di più. Il colosso finanziario JP Morgan, ha chiarito le cause di questa difficoltà: “I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea”.

Per meglio inquadrare il pulpito dal quale arriva questa analisi conviene ricordare chi è JP Morgan. JPMorgan è stata tra le protagoniste dei progetti della finanza creativa e quindi della crisi dei subprime che dal 2008 sono stati i principali responsabili dell’attuale crisi mondiale. Fino a essere stata formalmente denunciata nel 2012 dal governo federale americano come responsabile della crisi, in particolare per l’acquisto della banca d’investimento Bear Stearns. Ma per avere un quadro, ancorché sintetico, del mostro JP Morgan, può essere sufficiente visitare la voce su wikipedia: “JPMorgan Chase nasce nel 2000 con la fusione tra “Chase Manhattan Corporation” e “J.P. Morgan & Co“. Nel 2008 acquista per 2 dollari ad azione la Bearn Stearns, per la copiosa somma di 236,2 milioni di dollari.

Il 1º settembre 2011 la procura di New York denuncia per frode Bear Stearns e Emc Mortgage, del gruppo JP Morgan, per la truffa dei mutui subprime, Fannie Mae e Freddie Mac hanno perso più di 30 miliardi nel 2008, quando il mercato immobiliare legato ai mutui subprime è esploso. Le perdite sono state coperte in gran parte dalle tasse dei cittadini americani. Le perdite della Bearn Stearns ammontano a 22,5 miliardi di dollari, hanno provocato la disoccupazione di 7 milioni di persone negli Stati Uniti d’America e una Grande recessione dal 2008 è imperversata in tutti i paesi civili d’Europa e del mondo, escluso la Cina e l’India.

Il 7 ottobre 2010, Jp Morgan Chase è stata coinvolta nello scandalo che riguarda le operazioni di compra-vendita di titoli derivati e che hanno causato un ammanco di circa 6 miliardi di dollari. Il 13 settembre 2013 la Securities and Exchange Commission, d’accordo con l’Office of Comptroller of the Currency, l’ente che regola le banche americane, la Federal Reserve e la Financial Conduct Authority, autorità di vigilanza finanziaria nel Regno Unito, hanno multato per 920 milioni di dollari la JP Morgan Chase, per la cosiddetta truffa della Balena di Londra (London Whale), che comportò perdite di trading per circa 6 miliardi di dollari e uno scandalo che assieme agli altri, ha messo in negativo la reputazione dell’amministratore delegato Jamie Dimon, che tardivamente ha avviato un’indagine interna sulla catena dei controlli. Il 30 luglio 2013, il governo statunitense e gli investitori sono stati da J.P. Morgan Chase, per aver manipolato il mercato energetico in e nel fra il 2010 e il 2011, spacciando azioni ai propri clienti, di centrali elettriche in perdita per incredibili fonti di profitto”

Questi signori, in grado di esibire un curriculum di tutto rispetto nel mondo della malavita organizzata, hanno pensato bene di ammonire l’Unione Europea sui rischi che derivano dai sistemi politici della periferia meridionale che “sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo. I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”.

Traduzione per i non addetti ai lavori: “Cari signori, se non vi liberate della zavorra costituzionale che vi impaccia nei movimenti, noi avremmo qualche difficoltà ad intervenire nei vostri mercati”. L’analisi della JP Morgan è datata 2013. L’Italia ci ha impiegato un annetto per iniziare il percorso suggerito dai caimani della finanza globale.

In modo alquanto rocambolesco, Renzi è riuscito a diventare segretario del più grande partito di sinistra dell’Europa occidentale e, subito dopo, a diventare capo del governo di un paese del sud Europa che ha una Costituzione più fortemente caratterizzata dall’esperienza antifascista e dall’apporto della sinistra politica all’Assemblea costituente. Renzi si mette subito al lavoro per eseguire i compiti. “Esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti?”. Provvediamo subito. Facciamo le riforme costituzionali e accentriamo il potere nelle mani dell’esecutivo, riducendo il Parlamento a semplice passacarte del governo.

“Tutela costituzionali dei diritti dei lavoratori?”. No problem. Cominciamo a toglierle subito: via l’art. 18 della legge 300 del 1970 che prevede il reintegro nel posto di lavoro per coloro che sono licenziati senza giusta causa e senza giustificato motivo. Il resto seguirà. State sereni.

In Francia, il governo socialista di Hollande sembra più refrattario a mettere in pratica le ricette di JP Morgan. Ma, anche qui, la soluzione si trova: un paio di attentati dell’ISIS e la situazione si modifica radicalmente. Il 27 novembre, il governo francese comunica all’UE la decisione di derogare alla convenzione europea dei diritti umani a seguito dell’adozione dello stato di emergenza dopo gli attentati del 13 novembre.

In Portogallo, che succede? Il fronte delle sinistre vince le elezioni. Evidentemente, una vittoria delle sinistre non rientra nei piani della JP Morgan. Risultato? Il presidente della Repubblica portoghese affida l’incarico di formare il nuovo governo al leader della destra e capo del governo uscente, Pedro Passos Coelho, che però non ha la maggioranza per governare. Qualche mese fa, la vittoria di Siriza in Grecia non rientrava nei piani della JP Morgan e l’UE e il FMI internazionale hanno imposto e ottenuto, con minacce e ricatti, la sterilizzazione delle posizioni politiche del movimento guidato da Tsipras e la spaccatura del partito di sinistra che aveva vinto le elezioni.

Governi centrali deboli nei confronti delle regioni” lamenta JP Morgan. Ed ecco che il governo spagnolo (di centro-destra) corre subito ai ripari bloccando il processo di secessione avviato in Catalogna, dove la maggioranza degli elettori si è espressa a favore della separazione della Catalogna dallo stato spagnolio. In Italia, il diligente Renzi esegue con disinvoltura i compiti a casa e nella legge di stabilità ricaccia in un angolo le “pretese” (ancorché garantite dalla Costituzione all’art. 5) delle autonomie locali. Applausi scroscianti dai galantuomini della JP Morgan. E aggiungiamo, anche, applausi a scena aperta da quasi tutta l’informazione.

Questi sono fatti concreti, emersi alla luce del mondo come cose normali, naturali quasi. Rispetto ai quali, l’informazione molto spesso si limita a riprodurli, guardandosi bene dall’analizzarli e da spingere l’analisi al di sotto della superficie. Si preferisce attrarre l’attenzione del lettore medio sugli aspetti spettacolari dei fenomeni economici e sociali, sul gossip, sui singoli personaggi del “teatrino della politica”, come si dice in Italia.

Non ci si chiede mai, o quasi, che cosa leghi tutti questi fatti, tutte queste situazioni. E invece bisogna farlo. Bisognerebbe farlo. Lo spazio – e la pazienza dei lettori – non consente in questa sede di affrontare compiutamente il tema. Alcune cose però si possono accennare.

Siamo di fronte ad una crisi del sistema capitalistico molto simile a quelle verificatesi, ciclicamente, nel “secolo breve”. Si tratta di crisi di sovra produzione che sono caratteristiche, intrinseche al sistema, ineliminabili. Nel passato, queste crisi – che Marx attribuiva alla caduta tendenziale del saggio di profitto – sono state risolte con la guerra distruttrice di capitale e di esseri umani, ma che consentiva al capitalismo di ricostruire dalla macerie e di allontanare, momentaneamente, la propria fine.

Oggi, alcuni economisti cominciano a paventarla come soluzione unica alla crisi del sistema. Mentre Papa Francesco ne parla come di una cosa già in atto. Gli strumenti per scatenare una guerra sono più numerosi delle guerre stesse. Oggi c’è il tabù dell’annientamento del pianeta a limitare i guerrafondai che pure, mai come in questo momento, hanno risollevato la testa e lucidato le armi per prepararsi al grande evento. E intanto, le guerre fanno parte del nostro vissuto quotidiano, ma si svolgono in luoghi lontani dal mondo che le attua: quello che produce e vende le armi, quello che rapina le risorse dei paesi poveri. Ma la guerra si sta avvicinando al primo mondo, l’Europa. E l’Europa si sente in dovere di intervenire, ed interviene.

Tutto ciò incide pesantemente sulla vita quotidiana di tutti noi, modifica in profondità le condizioni di vita e di lavoro di ciascuno di noi. La guerra in atto sposta i problemi: da quelli interni a quelli internazionali. Cementa i nazionalismi, incrementa le divisioni, ha necessità di stringere i fremi sulle libertà e sui diritti umani. Richiede adesione alla patria e spirito di sacrificio (non solo per superare la crisi economica) ma anche per difendersi dagli attacchi del terrorismo. Questo è il clima che respiriamo tutti e che rischia di diventare asfissiante man mano che la situazione si complica e la crisi si incancrenisce.

Per concludere: sono in gioco non solo la libertà e la democrazia, ma anche i sogni di un mondo migliore di molte generazioni di donne e uomini del nostro pianeta.

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