I simboli, le tecniche e le radici [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 8-12.2015. La città in pillole. Il chiostro di San Francesco è un manuale di tecniche costruttive. “Ciò che cresce lentamente mette radici profonde” recita un proverbio africano, frutto dell’interdipendenza tra i tempi delle foreste e l’uomo.

Poi fu il tempo eterodiretto dei colonialismi che oggi mettono in questione il mondo. Soprattutto la città la cui fondazione fu all’insegna della sacralità a partire dall’eroe eponimo, rappresentato simbolicamente a tracciare solchi con l’aratro. Sacre le figure che la manutenevano. Pontifex, la più alta espressione religiosa di Roma e poi dei Cristiani, non era forse in origine “costruttore di ponti“? Diventerà garante delle mediazioni nella civitas.

Cagliari, palinsesto di ogni città millenaria, restituisce più di altre manufatti in cui si intravvedono migliaia di mani laboriose quanto ignote. Maestranze che conservarono l’aura per tutto il mondo antico e approdarono all’epos giudicale come “mastros in pedra et in calcina et in ludu et in linna” in documenti che annunciano il passaggio dal latino al sardo, committenze e categorie del fare.

Non sorprende allora imbattersi in simboli di maestranze la cui geografia oltrepassa Cagliari. Due, rinvenuti in quell’inesauribile manuale di tecniche costruttive del Chiostro di San Francesco di Stampace, tracciano imperscrutabili orizzonti. Uno a forma di Y semplice o doppia. L’altro (intero o a metà) con una X e la I sovrapposta.

Talvolta abbinati occhieggiano, tra gli altri, a San Saturnino, Santa Margherita, Tuvixeddu, Su Mannazzu, ma anche a Tharros, San Vero Congius, Santulussurgiu, Laconi, San Basilio, Villaputzu, Bantine, Pattada. Pure a Saint Gilles e Aigues Mortes in Provenza, e al Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Prova di quanto le radici crescano ma anche si scoprano lentamente con ritmi diversi da quelli di una benna che con un colpo disperde interi capitoli di storia.

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