San Salvatore è al Carmine? [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 23/12/2015. La città in pillole. Un documento parla di una chiesa mai rintracciata. Interrogarsi se un documento assuma dignità solo quando smette di essere riproduzione della realtà non è solo un omaggio a Marcel Proust. È conferire centralità alla traduzione senza la quale la storia è privata del senso. Perciò di un documento intrigano le citazioni di luoghi specie se scomparsi perché aprono a tante traduzioni possibili. A Cagliari ad esempio la chiesa di San Salvatore data in concessione (1090/1094) al Priorato di San Saturnino è designata con le diciture de Civita e de Bagnaria. La prima rimanda alla persistenza di una comunità urbana anche sul piano giuridico; la seconda a edifici termali a riprova che l’alto medioevo non obliterò geografie e appartenenze. Il titolo San Salvatore è diffuso in Sardegna in siti frequentati spesso sin da fasi preromane. Molte anche in città le preesistenti divinità “salvifiche” tra cui Giove. Il cristianesimo in perfetto sincretismo assunse il tema della “salvezza” dai mondi ebraico, vicino orientale, ellenistico-romano e con la nascita, morte e resurrezione di Cristo ne fece un’efficace sintesi. Un San Salvatore nel quartiere Marina, nell’area termale della Banca d’Italia, non è suffragato da dati. Possibile l’ubicazione in Viale Trieste dove le terme, rinvenute di recente e affioranti fuori terra ancora nell’Ottocento, furono trasformate, tra IV e V secolo, in un edificio di culto cristiano. Un Dionysos rivisitato con le fattezze apollinee del Salvatore e una lastra con l’iconografia paleocristiana delle pavoncelle su kantharos raccontano l’allegoria della resurrezione e dell’immortalità dell’anima mentre i grappoli d’uva e i tralci di vite della statua la passione di Cristo. Il complesso sopravvisse fino all’VIII/IX secolo per essere sostituito da una calcara e per continuare probabilmente nello spazio dell’attuale chiesa del Carmine. |