I mosaici in ossidiana in Via Mameli [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 06/01/2016. La città in pillole. La pietra lavica si trova in tutti gli insediamenti preistorici del capoluogo.

Le si attribuiva potere taumaturgico non solo perché gli strumenti che l’uomo ne ricavava garantivano la sopravvivenza ma perché all’ossidiana, formatasi per il rapido raffreddarsi della lava, fu annessa una speciale potenza.

Percepita, in culture differenti, come sintesi delle viscere della terra e dell’orizzonte subaereo, su cui si fondano molte credenze religiose, per Mircea Eliade è il vetro divino che aggrega l’energia del ciclo cosmico. Nelle culture precolombiane le aristocrazie native seminavano il terrore tra gli invasori con spade ornate dalle sue taglienti lame. Sceglievano anche per la propria morte pugnali sacrificali e maschere in ossidiana.

Tanta rilevanza fu conferita a pochi minerali oggi percepiti più preziosi dell’ossidiana. Rari i luoghi in cui si rinviene nel Mediterraneo: Lipari, Pantelleria, e soprattutto Monte Arci in Sardegna, baricentrico nel lungo neolitico. La sua dominante simbolica dura nell’isola fino a su coccu la cui forma globulare accresceva la resistenza al malocchio.

Al di là dell’ondeggiare tra mitocentrismi e svalutazioni di tanta storiografia, è l’ossidiana il filo rosso della Sardegna da seguire nei luoghi dell’antropizzazione europea. Non sorprendono pertanto i perduranti uso e commercio.

A Cagliari è in tutti gli insediamenti preistorici ma pure in mosaici romani, tardo antichi e alto medievali. In quelli, ad esempio, di Via Nazario Sauro e di Viale Trieste 105, dove tessere di varie dimensioni disegnano motivi geometrici, a treccia, a meandro, con volatili, secondo modelli e tecniche correnti.

Pensare che, ben oltre la fine dell’impero, abili mosaicisti lavoravano l’ossidiana in Via Mameli, a bocca di cantiere, lasciandoci anche gli scarti di lavorazione, colloca minerale, committenza e città in prospettive più cosmopolite.

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