Auguri Sardegna! (V) [di Sergio Vacca]

Sardegna

Augurare alla Sardegna qualcosa per il 2016 che non sia il solito augurio che sia migliore del precedente? Tante cose. Belle ed efficaci per una vita più serena. Più ricco di soddisfazioni individuali e collettive. Più lavoro per tutti. Meno povertà. Più salute per il miglior funzionamento della sanità. Più pioggia e meno alluvioni. Più pace. Meno delitti. E via elencando. Idee tante, ma confuse nella formulazione e nella sequenza.

Un elenco può essere fatto magari per materia. Per prima l’ambiente. Perché? Rappresenta la Nuova frontiera dello sviluppo economico della Sardegna, con molti problemi, ma con grandi prospettive. Ambiente significa molte cose: ciò che riguarda l’uomo come “condizioni sociali, culturali, morali” e la natura, “ciò che può influire sui comportamenti di un organismo o specie vivente”. Cosa augurerei, quindi, alla Sardegna?

Di fare a meno delle industrie di base, petrolchimica e metallurgica. Per dirla con Cicitu Masala, il sistema politico nazionale e regionale volle localizzare in Sardegna, secondo una logica estranea alla vocazione dell’isola e con modelli di altri contesti, raffinerie e impianti petrolchimici, insaziabili divoratori d’acqua, in una terra povera d’acque. Fu così commesso un errore epocale, di cui in seguito avremmo pagato il fio. Alla monocultura petrolchimica – conclude Masala, riportando anche il pensiero di Lussu – in sede storica si può addebitare la catastrofe antropologica ed economica che ha divorato inesorabilmente masse di investimenti pubblici, spesso inglobati nel privato. Che siano quindi smantellate queste fabbriche divoratrici di danaro, che non hanno creato sviluppo, ma che hanno creato e continuano ad alimentare disoccupazione, povertà e degrado ambientale.

L’augurio è che quelle fabbriche non siano sostituite da altre delle cosiddette bioplastiche o da impianti per la produzione di biocarburanti. Dovrebbero venir alimentate da biomasse che sottrarrebbero le terre migliori all’agricoltura. Va anche aggiunto che ad oggi il loro destino produttivo non è chiaramente delineato; il potenziale acquirente americano della fabbrica di Porto Torres non vuole sentire parlare di bioplastiche. E gli operai? In cassa integrazione e disperati per il loro futuro. A loro i più sinceri auguri perché trovino quanto prima un lavoro stabile e la serenità che manca loro da troppo tempo. Stesso augurio agli operai delle industrie metallurgiche e metalmeccaniche, in forte ed irreversibile crisi.

Di assoluta importanza le bonifiche delle aree industriali dismesse e da dismettere e delle aree minerarie. Si tratta di attività che hanno determinato – da tempo immemore le minerarie e dal secondo dopoguerra quelle industriali – forme, talora gravissime, di inquinamento di suoli e di acque. Secondo le stime – da verificare in termini di effettiva dimensione e di caratteristiche ed intensità degli inquinamenti – la superficie territoriale interessata dovrebbe aggirarsi sull’ordine dei 450 mila ettari. L’augurio è che le bonifiche siano avviate concretamente e realizzate in tempi quanto più possibile brevi.

Con che cosa andrebbero sostituite queste attività industriali? L’augurio è che l’industria agroalimentare, come certificato dalla Banca d’Italia nel suo rapporto sullo stato dell’economia dell’isola del giugno 2015, prosegua nella fase ascendente; unico settore negli ultimi tre anni in una dinamica espansiva. Le imprese del comparto hanno accresciuto i fatturati beneficiando della domanda internazionale, a cui si è aggiunto il rafforzamento di quella interna, e dell’evoluzione positiva dei prezzi di vendita. Settore che trasforma i prodotti agricoli sardi con straordinarie eccellenze riconosciute dai mercati del mondo. E’ il caso di ricordare i successi dei vini sardi, anche in termini di palmarès nelle classifiche.

Cos’altro si potrebbe augurare alla Sardegna? Che piova di più e con regolarità. La variabilità climatica sta modificando le temperature, accentuando la siccità; rilevazioni recenti a livello nazionale hanno mostrato un’anomalia di temperatura dell’aria di + 1,44 gradi centigradi rispetto alla media del trentennio 1971-2000. Ma anche per quel che riguarda le precipitazioni, oltre al trend diminutivo, è fortemente modificata la distribuzione. L’aumento della temperatura atmosferica si riflette sull’aumento della temperatura dei mari e quindi sull’aumento dell’evaporazione, determinando la creazione di celle temporalesche, particolarmente agli inizi dell’autunno, piccole per dimensioni ma con quantità d’acqua elevatissime, che danno origine ai nubifragi.

Le conseguenze sono gli eventi disastrosi per persone e manufatti, come ad Olbia ed in Ogliastra nel 2013, sempre Olbia nello scorso autunno. Ma, per contro, la siccità impone restrizioni nell’uso della risorsa specie in agricoltura. Occorre modificare i paradigmi della utilizzazione dell’acqua, ma anche modificare gli assetti dei territori per adattarli alle emergenze climatiche. Siano gestiti razionalmente, in questa fase climatica caratterizzata da emergenze. Augurerei alla Sardegna una maggiore attenzione nei confronti delle Valenze Ambientali, segnalando in particolare i biotopi e le coperture boschive che proteggono i versanti dall’instabilità.

Un altro augurio riguarda le politiche della città. La riqualificazione delle aree urbane dovrebbe realizzarsi con l’obiettivo di non espandere ulteriormente i centri urbani. Occorre invertire la tendenza e puntare al recupero delle abitazioni dei centri urbani o delle immediate periferie, in grado, secondo alcune stime, di rispondere alla domanda abitativa dei nuovi nuclei familiari. Un impegno molto forte deve riguardare la riqualificazione delle zone costiere nelle quali, negli anni, si è costruito oltre ogni limite della capacità di carico di quei fragili ecosistemi. Tra questi anche le aree di transizione, spesso importanti S.I.C., che sono “soffocati” dalla espansione edilizia di molte zone turistiche. Augurerei inoltre di poter disporre con continuità di acqua potabile di adeguata qualità; ma che sia reso più efficiente anche il sistema della depurazione. Sistemi finora scarsamente considerati dal gestore unico del sistema idrico integrato dell’isola.

Un augurio sentito lo farei all’Agricoltura. Che il Piano di Sviluppo Rurale 2014/2020, recentemente attivato, determini un vero sviluppo. Riportare l’agricoltura e le industrie di trasformazione agroalimentari al centro dell’economia costituirà la chiave di volta dello sviluppo sostenibile della nostra regione. Questo per alcuni motivi e con alcune avvertenze. In primo luogo perchè la bilancia agro-alimentare della Sardegna è deficitaria per almeno il 70% dei fabbisogni. In tutti i settori! Occorre ricordare, che la base produttiva, rappresentata dai suoli dell’isola è in larga parte inespressa. Lo è in quanto molte terre sono state abbandonate o vengono coltivate senza tener conto di potenzialità e attitudini dei suoli e non vengono attuate le procedure necessarie per la conservazione della risorsa.

Ma anche in agricoltura – come evidenzia Carlo Petrini di Slow Food – non è più sostenibile il paradigma dell’agricoltura industriale. “Prima si arricchivano i terreni grazie alla rotazione con le leguminose e al letame. Da un certo momento in poi abbiamo cominciato a comprare fertilizzanti chimici di sintesi. E poi pesticidi, diserbanti e carburanti per la meccanizzazione. Abbiamo puntato sempre di più su monocolture e produzioni di massa, a scapito di suolo, acqua, foreste e oceani”.

L’augurio è che l’isola sia in grado di esaltare le sue specificità produttive e di soddisfare la domanda interna, ma anche di portare sui mercati internazionali le eccellenze agroalimentari. E qui augurerei un forte sviluppo della ricerca scientifica applicata alle produzioni agroalimentari.

Ma legato allo sviluppo sostenibile dell’Agricoltura, un forte augurio alla difesa delle Terre dalla speculazione che da alcuni anni prende piede con l’installazione di impianti di produzione energetica: fotovoltaico a terra, serre fotovoltaiche e solare termodinamico, che occupano sempre maggiori superfici. Non occorre spendere molte parole per evidenziare l’impatto negativo di tali realizzazioni e programmi.

Terre di alta capacità d’uso, che supportano attività agricole e pastorali, economicamente ed ambientalmente sostenibili sono già interessate o corrono il rischio di essere adibite a mero sedime degli impianti. Questi necessitano di ancoraggi delle “stringhe”, vere e proprie vele, con plinti in cemento armato, profondi non meno di 5-6 metri e adeguatamente dimensionati ed in numero non inferiore a molte migliaia per poter contrastare la spinta dei venti che soffiano in tutti i territori della Sardegna.

Oltre a questo, sbancamenti di migliaia di metri cubi di suoli che subiscono il troncamento dei profili, se non la completa asportazione. Nelle diverse proposte viene addirittura negato il cambiamento d’uso delle aree agricole. E come potrebbe essere definita questa se non una radicale modifica della destinazione d’uso delle Terre! E – domandiamo – se possa considerarsi azzardato prevedere che a fine vita degli impianti saranno lasciate sul posto soltanto le macerie di una attività industriale.

Questi gli auguri che faccio alla mia Terra. Nella speranza che mio figlio, i suoi figli e le generazioni avvenire la ritrovino in condizioni migliori di come l’avrò lasciata.

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