Bce, l’inchiesta di Mario Draghi affonda Mps e le altre banche [di Giuseppe Colombo]

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L’Huffington Post 18/01/2016. Lo spettro di una nuova inchiesta della Bce sulle sofferenze e i crediti deteriorati manda in tilt le banche italiane sui mercati. Un crollo pesantissimo, come quello dei titoli di Mps, Ubi, Banco Popolare e Carige, che ha trasformato il lunedì di piazza Affari in una giornata da profondo rosso e dagli umori neri, anzi nerissimi, travolgendo la Borsa di Milano a -2,65%, peggior risultato in Europa.

La grande paura ora si chiama Francoforte: la linea dura della Banca centrale europea, infatti, si potrebbe tradurre in una richiesta di maggiore sforzo per le banche sul fronte del rafforzamento del loro capitale. E per molti istituti, a iniziare da Monte dei Paschi di Siena, vittima illustre di oggi, potrebbe non esserci spazio per ottemperare alle nuove richieste.

Le sofferenze, infatti, sono ancora consistenti e gli spazi per ulteriori aumenti di capitale, oltre a quelli già messi in campo, appaiono ridotti al lumicino se non impossibili. Ecco perché il faro che la Bce è pronta a puntare nuovamente sullo stato di salute delle banche europee, e quindi anche di quelle italiane, ha già mandato i mercati in subbuglio, proprio a causa della scarsa fiducia sulla resistenza di alcuni istituti italiani ad adeguarsi alle nuove disposizioni che saranno decise dall’autorità centrale.

Le indiscrezioni di un nuovo intervento della Banca centrale europea, anticipato sabato da Reuters, hanno trovato oggi conferma nelle parole di un portavoce dell’istituto, provocando un effetto detonatore sulle condizioni già precarie dei titoli in sofferenza da giorni. Il nodo delle sofferenze bancarie, al centro dello tsunami in Borsa, si lega all’incertezza dei tempi per la creazione della bad bank, cioè del deposito dove trasferire i crediti deteriorati.

Per due istituti italiani, Mps e Carige, potrebbe costituire l’unica ancora di salvezza. Il problema, però, è che la partita della bad bank è ancora tutta da giocare e i rapporti tra i due interlocutori, il governo italiano da una parte e l’Unione europea dall’altra, sono tutt’altro che idilliaci. Pesa come un macigno, infatti, il battibecco a distanza tra il presidente della Commissione europea, Jean Claude-Juncker, e il premier italiano Matteo Renzi, in merito alla richiesta di flessibilità da parte dell’Italia. Un confronto aspro che non aiuta certo il dialogo sulla bad bank.

Di fronte al crollo in Borsa i piani alti dei principali istituti coinvolti rispondono con fermezza alle perdite di oggi e rivendicano gli sforzi fatti e quelli in cantiere per ridurre le sofferenze. L’amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola, sottolinea “la stabilità economica e finanziaria della banca” e sulle sofferenze dichiara che l’istituto è concentrato “per ottenere risultati ancora migliori rispetto al piano”.

Ubi, sollecitata dalla Consob, rende noto che “non è arrivata alcuna comunicazione da parte della Bce in relazione a un’ulteriore analisi” delle sofferenze. Difese, tuttavia, che dovranno superare anche la prova dei prossimi stress-test della stessa Bce. Il tema delle sofferenze finisce anche nelle riflessioni della politica, con il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, che sposa la linea della Banca centrale, affermando che “è necessario affrontare definitivamente il tema dei crediti a rischio che condiziona per quasi 200 miliardi il nostro sistema bancario”.

A destare più preoccupazione è la vicenda di Mps. Il tentativo di sollevare le sorti dell’istituto, travolto nel recente passato dagli scandali dei derivati, sta naufragando. A giugno si è cercato di dare nuova linfa alla banca attraverso una ricapitalizzazione di tre miliardi di euro, ma il crollo in Borsa ha dissipato questo sforzo. Da ottobre dell’anno scorso a oggi il suo valore si è dimezzato: addirittura il 38% delle perdite si sono registrate solo da inizio anno a oggi, cioè in poco più di 15 giorni.

Gli analisti sembrano convergere su un’analisi impietosa: la banca resta fragile, nonostante gli innesti di liquidità, e soprattutto stretta tra la morsa delle nuove regole europee sulle crisi bancarie, note come ‘bail-in’ (salvataggio interno), e la difficoltà di trovare un partner affidabile in grado di sostenerla. Al momento non si scorgono all’orizzonte soggetti in grado di ottemperare a un’esigenza che si prospetta sempre di più come inevitabile: affiancarsi a un’altra banca per sopravvivere. Ubi Banca e Banco Popolare, infatti, potrebbero in linea teorica anche essere interessate alla fusione, ma la dimensione di Mps è troppo imponente per dare vita a un’operazione di assemblaggio lecita.

L’istituto senese resta così incagliato in una situazione dove le sofferenze continuano a pesare in modo consistente nonostante sia riuscito a venderne 1 miliardo alla fine del 2015. In questo quadro un’accelerazione per la nascita della bad bank potrebbe dare più fiducia sulle sorti della banca e frenare le speculazioni. Per l’istituto di Rocca Salimbeni è stata una giornata di passione. Il titolo è stato bloccato al ribasso per ore, arrivando a toccare il minimo storico di 0,76 euro per azione, sotto la soglia critica di un euro. Lo spettro della speculazione che si aggira sull’istituto senese ha portato la Consob a cercare di porre un freno a questo stillicidio, vietando le vendite allo scoperto sul titolo fino alla fine della seduta di domani, segno che la situazione è di alta tensione.

Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, si è esposto in prima persona, affermando che “ci sono mani italiane ed estere sul titolo” e che si sta indagando per vedere chi ha venduto effettivamente. Stesso problema, quello delle sofferenze, che ha un grande impatto per un’altra banca finita nell’occhio del ciclone: Carige. Gli aumenti di capitale che sono stati messi in campo negli ultimi mesi sono serviti sostanzialmente a coprire i buchi del passato, ma la banca appare ancora troppo debole sui mercati: il titolo ha perso il 22% in un mese.

Per il presidente Castelbarco a pesare non è solo l’ipotesi di “operazioni speculative di forte aggressività”, ma anche la sfiducia causata dalla vicenda delle quattro banche salvate dal Governo. E quest’ultimo elemento accomuna il pensiero di molti analisti sulla situazione di altre banche che oggi sono andate in rosso. “L’azzeramento delle obbligazioni e dei risparmi di migliaia di cittadini che si è avuto con il decreto del Governo – spiega un analista di un grande gruppo bancario italiano – ha portato molti correntisti a ragionare sull’opportunità di spostare i propri risparmi nelle banche che oggi risultano più solide”.

La partita per le banche italiane si gioca in Europa, un campo minato e che non ammetterà sconti quando tutti dovranno scendere in campo per dimostrare di essere in grado di arrivare al 90esimo minuto nonostante le sofferenze.

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