Quale futuro per l’Università in Sardegna? [di Pietro Ciarlo]
Il futuro dell’ Università di Cagliari non è roseo perché lo Stato continua tagliare i finanziamenti. La nostra Università è una Università pubblica, statale. E’ un bene dello Stato. Lo Stato deve assicurarne la vita. Siamo orgogliosi della nostra università pubblica. Ci sentiamo parte di un grande progetto politico e culturale: consentire a tutti i capaci e meritevoli, anche se sprovvisti di mezzi, di raggiunge i più alti gradi dell’ istruzione. Sono le parole dell’ art. 34 della Costituzione. L’ istruzione è un grande diritto sociale. Esso deve essere garantito a meno di non voler tornare a cent’anni fa quando consapevolezze culturali e professioni più qualificate erano appannaggio dei pochi che potevano permetterselo. E’ dal 2008 che le cose vanno di male in peggio. Tutti gli anni tagli su tagli. Ad oggi i fondi per l’ Università sono diminuiti del 20% rispetto al 2008. Una diminuzione mostruosa. Sempre guardare le percentuali. Per mezzo punto percentuale in più o in meno siamo in recessione o crescita. Mentre gli altri paesi europei per uscire dalla crisi hanno investito sull’ Università, con venti punti percentuali in meno l’ Università italiana dove andrà a finire. La situazione è precipitata con l’adozione della legge 240 del 2010 la cosiddetta legge Gelmini. Professori, studenti, personale tecnico amministrativo protestarono al momento della sua adozione, ma, tranne opportunistiche dichiarazioni di facciata, nessuna forza politica si è veramente opposta. Non a caso essa è ancora vigente senza essere stata modificata in nessuna delle sue parti. Questa legge è a suo modo coerente in quanto costruita per deviare ingenti risorse verso le università private, tutte insediate nel Centro e nel Nord del Paese, e attribuire grande potere discrezionale agli apparati amministrativi nella distribuzione delle risorse al fine di potere silenziosamente favorire il Nord attraverso criteri di riparto apparentemente neutri. Risultato il fondo di finanziamento ordinario in questi anni ha subito una riduzione del 9,8 su base nazionale, ma del 20,8 nelle isole. Al Nord la riduzione è stata del 4,3. Queste cose sono state dette tante volte ma la classe politica meridionale le ha sempre ignorate. Il principio dominante è il seguente: non disturbare il manovratore perché è lui a nominarti. Ma noi non ci arrendiamo. L’Università di Cagliari non si arrende oggi, e non si arrenderà domani. Chiediamo ai politici sardi di intervenire sul Ministero perché adotti criteri più equi nella ripartizione delle risorse. Chiediamo alla politica regionale di tener conto della situazione delle Università nella redazione del bilancio adesso in discussione in consiglio. Nell’ immediato l’ Università di Cagliari ha elaborato un emendamento al decreto legge Milleproroghe per cercare di evitare che la situazione peggiori ulteriormente. Questo emendamento è affidato all’ iniziativa di tutti i deputati sardi che vorranno occuparsene. Vedremo. |
Non basta pretendere un maggiore e doveroso impegno dei politici sardi per cambiare leggi penalizzanti (espressione di una scellerata politica governativa, e non solo) e neppure basta suscitare per queste ed altre finalità virtuose la mobilitazione interna degli Atenei, occorre sviluppare un grande movimento di popolo, del popolo sardo, per salvare, valorizzare e rilanciare le Università sarde. E si ragioni finalmente come Università della Sardegna! Pur nel rispetto delle autonomie e della specificità delle sedi storiche, superando ridicoli campanilismi e impostazioni autoreferenziali, mettendo davvero l’Università al servizio innanzitutto della comunità sarda. Per questo occorre un’Università rinnovata, che sappia essere protagonista e attrattiva nel Mediterraneo, in Europa, nel Mondo. (http://www.aladinpensiero.it/?p=51778)