Via al referendum contro le trivelle [di Fondo Ambiente Italiano]
http://www.fondoambiente.it/Sos-FAI. Il referendum sulla ricerca petrolifera nei mari italiani si farà. Così ha sentenziato la Corte Costituzionale, su richiesta di nove regioni italiane. All’inizio i quesiti, approvati dalla Cassazione, erano sei. Il Governo, con le nuove norme comprese nella Legge di Stabilità è riuscito a evitarne cinque. Il sesto, l’unico sopravvissuto, è destinato perciò ad assumere una funzione simbolica. Il referendum sulla ricerca petrolifera nei mari italiani si farà. Così ha sentenziato la Corte Costituzionale, su richiesta di nove regioni italiane. All’inizio i quesiti, approvati dalla Cassazione, erano sei. Il Governo, con le nuove norme comprese nella Legge di Stabilità è riuscito a evitarne cinque. Il sesto, l’unico sopravvissuto, è destinato perciò ad assumere una funzione simbolica. Gli italiani saranno quindi chiamati a dire si o no, cioè essere contro o a favore della disposizione che estende la validità delle concessioni all’interno delle 12 miglia dalla costa per tutta la durata della vita utile del giacimento. Ma di fronte a una vittoria del sì, al di là delle discussioni tecniche, sarà difficile aggirare il senso culturale e ambientale, in ultima analisi politico, di un pronunciamento popolare. «Chiunque vinca il referendum non ci sarà alcuna nuova trivellazione», ha infatti dichiarato il Governo. Una posizione che nei fatti ridimensiona l’iniziale spinta a favore delle trivelle, interpretata dalla cultura ambientalista come un vero e proprio assalto alle coste e ai mari italiani. Il rischio di vedere nascere isole tecnologiche per la trivellazione di fronte a Venezia o nel mare delle Tremiti c’è stato e c’è ancora. Il FAI ha già chiesto con forza al Governo un piano di intervento nazionale per il rilascio delle concessioni, basato su un’analisi costi-benefici e sulla sostenibilità economico-ambientale complessiva. Ribadiamo questa richiesta per andare oltre la prassi vigente, basata su decreti singoli, ovvero deroghe e non regole. Il FAI non ritiene dunque accettabile la svendita di quanto più prezioso abbiamo – la natura e il paesaggio delle coste italiane – a fronte di un beneficio immediato o guadagno minimo, se non nullo. «Le riserve accertate e presunte nei nostri mari sono piuttosto scarse: 10,6 milioni di barili (dati Ministero dello Sviluppo Economico 2014), tali da coprire appena 10 settimane dei nostri consumi petroliferi annui – commenta Maurizio Rivolta, Consigliere nazionale del FAI – Inoltre il valore economico di questa operazione si riduce sempre più, dato che il prezzo del petrolio è crollato nell’ultimo anno da 110 a 30 dollari al barile, viene da chiedersi se il gioco valga la candela». |