L’inno degli assassini [di Raffaele Deidda]

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Ricordava in questa rivista Franco Masala che nei campi nazisti di sterminio si svolgevano spettacoli di artisti che speravano di sfuggire a una tragica fine, con i comici costretti a far ridere i loro aguzzini. E’ storia diversa, che appassiona e fa riflettere, quella degli Arba Lijoch. Poco conosciuta, fa parte del Mmetz Yeghern (Il Grande Male), lo sterminio di oltre un milione e mezzo di Armeni compiuto nel 1915 dai Turchi. E’ la storia di 40 giovani musicisti che il principe etiope Ras Tafari, il futuro imperatore Hailé Selassié, conobbe nel 1924 durante un viaggio in Palestina.

Il principe aveva visitato anche il Monastero Armeno di Gerusalemme dove erano ospitati i musicisti e il loro maestro, Kevork Nalbandian. Il futuro imperatore, membro devoto della Chiesa Ortodossa Etiope, fu colpito dalle rilevanti similitudini fra le due chiese. Sentì poi suonare la banda musicale composta da 40 giovani armeni e ne apprezzò il talento. Alla fine del viaggio incontrò il Patriarca armeno Turyan e seppe da lui che quei giovani erano orfani del genocidio armeno. Il patriarca gli rappresentò anche le difficoltà finanziarie per il loro mantenimento e Selassié si offrì di adottarli e di portarli ad Addis Abeba.

Nella capitale etiope divennero noti col nome di Arba Lijoch,(in amarico, lingua ufficiale etiope, I Quaranta Ragazzi). Formarono la banda musicale imperiale e a ciascuno fu riconosciuto uno stipendio mensile e alloggio gratuito. Il direttore, Nalbandian, era un ottimo compositore. Sollecitato da Selassié compose l’inno nazionale etiope Marsh Teferi (Sii felice Etiopia), eseguito in pubblico per la prima volta dai Arba Lijochnel nel 1930 per l’incoronazione di Selassié imperatore. Fu eseguito con strumenti di ottone in un paese dove si usavano solo strumenti musicali in legno e corda, o legno e pelle per le percussioni.

Gli Arba Lijoch suonavano negli eventi ufficiali e divennero maestri delle bande musicali dell’Esercito e della Guardia Imperiale. I 40 orfani, privati dell’infanzia dal genocidio, avevano trovato il faro della speranza con la musica. Ailé Selassié diede loro una nuova vita e gli Arba Lijoch diedero all’Etiopia l’opportunità di modernizzare la sua musica. Con i loro ottoni e l’istruzione musicale, gli orfani armeni cambiarono per sempre la musica etiope.

Gli Arba Lijoch eseguivano anche gli inni nazionali dei paesi che inviavano i propri diplomatici in Etiopia. Una volta il ministro degli Esteri chiese loro di imparare l’inno nazionale della Turchia in occasione della visita dei suoi delegati. Si rifiutarono: “Non impareremo l’inno di un paese che ha ucciso i nostri genitori“. Molte le insistenze, le pressioni divennero quasi suppliche da parte di Selassié. Gli Arba Lijoch cedettero e appresero l’inno turco. Quando però fu il momento di eseguirlo di fronte alla delegazione turca, gli Arba Lijoch suonarono un brano etnico armeno.

Selassié non era un aguzzino nazista ed era interessato ad avvalersi delle competenze musicali degli Arba Lijoch che però, con il loro rifiuto, corsero seri  rischi. L’imperatore gestiva con pugno duro il dissenso e la giustizia era amministrata in maniera arbitraria. Le rivolte erano spesso represse nel sangue. Ai musicisti armeni va la considerazione e il rispetto di tutti gli uomini liberi. Si può rischiare la vita pur di non rendere omaggio agli assassini dei propri padri.

Foto: Gli Arba Lijoch fotografati da Haigaz Boyajian, fotografo ufficiale dell’Etiopia

One Comment

  1. Franco Masala

    Grazie Raffaele per questa bella testimonianza del tutto ignorata.

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