Sviluppo, carbone e tragiche amenità a contorno [di Andrea Sotgiu]

Eurallumina: riesplode protesta, sit-in a Cagliari

La domanda è se in Sardegna c’è ancora spazio per l’industria. Se la risposta è no, allora bisogna cancellare subito l’assessorato regionale competente. Risparmieremo sui soldi e sulle brutte figure. I cassintegrati non sopporterebbero l’umiliazione di apparire in tutte le reti televisive privati di ogni dignità. L’opinione pubblica, stanca di vederli sempre in piazza, non penserebbe che facciano parte di una recita.

I guai dell’attuale giunta regionale dipendono molto dalle degradate condizioni in cui versa la maggioranza al governo, in particolare il Pd, ma altrettanto dal suo profilo di incompetenza. Deve ringraziare una stampa compiacente e poco incline al giornalismo di inchiesta e una destra allo sbando almeno quanto chi governa.

A distanza di due anni dalle regionali e a qualche mese dal tagliando di mezza legislatura non si segnala un’azione di governo degna di essere consegnata alla memoria. Si assiste al contrario, specie in alcuni ambiti, alla regressione. L’assenza di un piano industriale e di visione consegna al Piano Energetico Regionale ogni soluzione confondendo il mezzo con il fine. Si tratta di un elefante che ha partorito un topolino che, nella fattispecie, è avvelenato. Il ritorno al carbone che cosa è se non questo?

E’ il caso che al prof. Pigliaru forniamo alcuni dati che lo aiutino a rivedere le dichiarazioni dell’assessore e lo facciano recedere dall’incubo in cui sta precipitando la Sardegna. Nei prossimi anni la Cina chiuderà 4300 piccole miniere di carbone. Negli ultimi tre ne ha già chiuso 7500. Entro il 2016 l’ultima centrale a carbone di Pechino sarà dismessa. L’inquinamento e lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili rendono la scelta obbligata. Per rimanere in Europa, la Germania entro il 2020 chiuderà cinque centrali a carbone da 7500 Mw.

In Italia l’Enel entro il 2018 dismetterà 23 impianti di vecchia tecnologia. Inesorabilmente l’uso del carbone come materia prima per produrre energia viene considerato obsoleto, tanto che i fondi pensione internazionali stanno diversificando sempre di più i loro investimenti per non rimanere intrappolati dentro la cosiddetta bolla del carbonio. Tutto questo nel mondo.

In Sardegna e nel Sulcis, i russi della Rusal – la Russia, dopo l’Australia è il secondo esportatore di carbone al mondo – vorrebbero costruire una nuova centrale a carbone per dare energia all’Euroallumina, stabilimento chiuso da anni per l’alto costo energetico delle produzioni. La proposta registra l’innocente quanto incredibile entusiasmo dell’assessore all’industria che sulla nuova centrale dichiara “è il prezzo da pagare per lo sviluppo”.

La parola sviluppo è in Sardegna la foglia di fico che nasconde le peggiori conseguenze per la salute dell’ambiente e degli abitanti. Il Sulcis è inoltre una delle zone più inquinate d’Italia, per l’industria mineraria prima e per quella di base poi. Giacimenti di fanghi, torrenti inquinati, micro polveri diffuse nell’ambiente, casi di tumore nelle popolazioni.

Se la giunta che guida la Regione non riesce ad uscire da un modello di sviluppo che più che industriale è solo produttore di materie prime e semilavorati, con un impatto negativo che gli stipendi non riescono a nascondere, allora è meglio che allo scadere del secondo anno il presidente rimetta la decisione al popolo sovrano.

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