Barbaricini criminali per nascita? [di Raffaele Deidda]
All’inaugurazione dell’anno giudiziario il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Cagliari, con riferimento agli assalti ai portavalori, ha dichiarato: “E’ agevole la considerazione che nella esecuzione di questi delitti si sia principalmente trasfuso l’istinto predatorio (tipico della mentalità barbaricina) che stava alla base dei sequestri di persona a scopo di estorsione, crimine che sembrerebbe ormai scomparso”. In Sardegna si è visto e sentito di tutto. Difficile dimenticare l’ex presidente della Regione Capppellacci che parlando con l’imprenditore toscano Riccardo Fusi presentatogli da Denis Verdini e che sarebbe dovuto arrivare in Sardegna a “prendere le aragoste” disse: “Ho la consapevolezza del vero grande limite della Sardegna: noi sardi”. Ora é il turno del Procuratore Roberto Saieva, siciliano, dal 2009 in Sardegna. Il riferimento ad un “istinto predatorio tipico della mentalità barbaricina” richiama fatalmente il concetto lombrosiano del criminale per nascita, cioè di persona dotata di anomalie e atavismi che sono causa di comportamenti socialmente devianti. Per Cesare Lombroso, infatti, l’inclinazione al crimine era generata da una patologia ereditaria. Le teorie lombrosiane sono oggi, però, destituite di ogni fondamento e considerate pseudoscientifiche, avendo la scienza moderna dimostrato che il comportamento è primariamente determinato dalle esperienze cognitive dell’individuo. Non è dato sapere perché il Procuratore abbia espresso valutazioni para-lombrosiane sui barbaricini a distanza di oltre un secolo dalla morte del criminologo veronese. E’ agevole invece considerare quanto quelle valutazioni appaiano generaliste e infamanti verso gli abitanti di un intero territorio della Sardegna. Quella Barbagia che ha generato, fra l’altro, giuristi e illustri intellettuali. Fra questi l’orunese Antonio Pigliaru, padre dell’attuale presidente della Regione, considerato uno dei più importanti antropologi giuridici italiani e massimo studioso della Sardegna. Non appare pertanto peregrina e nemmeno strumentale la richiesta da più parti avanzata al presidente Francesco Pigliaru di manifestare una chiara posizione “istituzionale” a nome della Regione Sardegna nei confronti di quella che si configura come una personale e non motivata ingiuria nei confronti di un territorio dell’isola. Ancora più inaccettabile in quanto proveniente da un alto magistrato chiamato a rappresentare “gli interessi della collettività e dello Stato”, da cui sono attesi chiarimenti e pubbliche scuse. Pigliaru si faccia parte dirigente nel rivendicare il rispetto dei cittadini e delle istituzioni che rappresenta in qualità di presidente dei sardi. Non sorvoli e non rinvii perché, si è visto, il sonno della Regione può generare l’idea che i sardi siano atavicamente mostri. |
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Non vedo in che modo l’espressione “istinto predatorio tipico della mentalità barbaricina” richiami fatalmente il concetto lombrosiano del criminale per nascita.
Come ben rilevato dall’autore, il comportamento è primariamente determinato dalle esperienze cognitive dell’individuo, e come esso la mentalità.
Se mi è naturale parlare il Tedesco, ciò non avviene perché la Germania mi ha dato i natali, ma perché sono stato abituato durante la mia formazione a parlare il Tedesco. E questo anche se qualcuno qui in città parla Turco. O è un illustre intellettuale.
Il sequestro di persona appartiene a quella cultura, alla nostra (sotto-)cultura barbaricina, come la mafia alla Sicilia, vogliamo negarlo? Non mi offenderei, e mi sembra la polemica un tardo riflesso di vecchi vittimismi.
Rimprovererei al magistrato scarse letture sull’argomento. Io ricordo che un gruppo di criminologi americani messo a studiare il sequestro di persona in Sardegna, concludeva – alzando le mani – che si trattava di un crimine irrazionale. Con troppa gente da coinvolgere, i tempi troppo lunghi, un lavoraccio chiusi nelle grotte o negli scantinati con i topi in giro, i rischi elevati e i soldi da dividere in troppi, quando andava bene… Che razionale sarebbe stata la rapina a un portavalori. E infatti. Siamo diventati più razionali anche nel crimine. Pigliaru figlio potrebbe mnandare questo studio al magistrato e pensare ad altro, francamente.
Non sono d’accordo, Umberto. Se il procuratore non chiarisce altrimenti il significato della frase “è agevole la considerazione che nella esecuzione di questi delitti si è trasfuso l’istinto predatorio (tipico della mentalità barbaricina) che stava alla base dei sequestri di persona a scopo di estorsione”, la stessa non può che essere letta come l’attribuzione a tutti i barbaricini indistintamente (e non solo ai delinquenti) di un istinto predatorio che è proprio degli animali rapaci. Magari con la famosa fossetta occipitale interna di lombrosiana memoria. Tendo a credere che quella frase gli sia sfuggita ed è per questo che si rende necessario un chiarimento. Si criminalizzano i malviventi, non la cultura e la “mentalità” di un’intero territorio. Altrimenti si scivola nel banale luogo comune dei sardi tutti banditi, siciliani tutti mafiosi, campani tutti camorristi e via etichettando.
Hai ragione che c’è altro a cui pensare in Sardegna, ad esempio a come risolvere il problema dei “rentier” nostrani, i predatori che formalmente non delinquono ma che producono seri danni alla nostra regione.
Credo che il P.G. d’appello della Sardegna abbia commesso l’errore logico di composizione che consiste nel ritenere valido per tutti ciò che è valido per se stessi. Ma nello specifico della sua dichiarazione se non si estrapola dal contesto più generale c’è una qualche verità. Nel senso, che all’interno della comunità barbaricina vi sono coloro che ancorché appartenenti a strati sociali cosiddetti benestanti, non di meno non disdegnano la cultura dell’omertà, della giustificazione del crimine in funzione di una non meglio identificata teoria del giusto sequestro a fini di redistribuzione sociale. Questo naturalmente fa sì che i manovali del crimine trovino legittimazione al compimento di azioni che non hanno nessuna giustificazione, né sul piano morale nè su quello del diritto positivo. Ecco forse in questa luce non credo si debba offendere nessuno che prenda le distanze da simili comportamenti e opinioni.