Turismo domani [Franco Masala]
Il principio del “rimboschimento costiero a ville” fu segnalato dalla mostra Vivere in Sardegna allestita da Italia Nostra nel 1981 a Cagliari e in molte località dell’isola, in concomitanza con il progetto della “Costa Turchese” di Silvio Berlusconi per insediamenti turistico-residenziali. Presentato all’amministrazione comunale di Olbia il progetto suscitò contrasti politici anche all’interno della maggioranza del governo regionale di allora e portò a un nulla di fatto. Dopo trent’anni e passa lo scempio del ciclone (o degli uomini ?) ha generato lutto e devastazione proprio in quelle zone progressivamente e comunque cementificate, e interessate spesso da un turismo selvaggio e tutt’altro che rispettoso del territorio e della sua cultura. Quante seconde case sono state disseminate in lotti minuscoli all’interno di villaggi residenziali che si sono riversati su buona parte degli oltre 1000 km di coste sarde in una sorta di “città lineare” ?Quante spiagge sono state circondate da insediamenti umani, compromettendone definitivamente il fascino e l’interesse ? Si pensi a quell’architettura (?) chiamata di volta in volta di stile “mediterraneo”, “naturale” o “neosardo”, o ancora con la massima irrisione “smeraldina”, che ha compiuto danni incalcolabili riguardo alle brutture realizzate in molti insediamenti, dove la necessità di accontentare tutti ha portato a un miscuglio di case e di stili che non è difficile sperimentare in molte parti del territorio sardo: dalla casetta a schiera alle costruzioni ad archi di fogge le più disparate, dalle abitazioni-alveare in stil-Marmorata alla villetta “rustica” secondo un campionario pronto a soddisfare ogni acquirente, meglio se di cattivo gusto. Ancora una riflessione è d’obbligo circa il destino invernale di queste “città per tre mesi”, che proprio quando sono deserte rivelano “l’illusorietà dello scenario utopico-teatrale ma anche il fallimento della struttura urbanistico-architettonica” (B. Bandinu, 1994); struttura imposta e tale da ignorare totalmente i centri vicini preesistenti. Capire un territorio allora diventa la prima forma di turismo sostenibile e in sintonia con i luoghi, le usanze, i costumi di un luogo. Aprirsi alla collettività residente, conoscere meno superficialmente i paesi, andare oltre le località rinomate, addentrarsi all’interno significa un approccio del tutto diverso da quello consueto secondo una serie di potenzialità che possono indicare un futuro turistico assai differente da quello attuale e utile anche per l’economia della Sardegna. Anche di questo si parlerà giovedì 28 novembre prossimo al Teatro Massimo di Cagliari in occasione del convegno SARDEGNA DOMANI ! organizzato dal FAI nazionale.
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