Quando i territori sono prigionieri di Ryanair e altri vettori low cost [di Fourtourism]
Idee e opportunità per il turismo 06/02/2016. Il fatto che Ryanair abbia deciso di abbandonare l’aeroporto d’Alghero, ridurre i collegamenti con Cagliari e anche gli scali/rotte in Puglia mette in evidenza quanto le destinazioni turistiche siano prigioniere delle politiche adottate da soggetti esterni che di fatto decidono del futuro dell’economia turistica dei territori. In sintesi, purtroppo, le destinazioni sono totalmente in balia di questi vettori che portano loro i turisti. E ne pagano caro il prezzo. Ma non è tutto qui: le destinazioni e le aziende turistiche locali dipendono non solo da Ryanair o dalle compagnie aeree ma anche da coloro che vendono e commercializzano il territorio. Questo fatto rende evidente, adesso più che mai, l’incapacità dei territori e delle destinazioni italiane di attrarre turisti, di vendere le proprie eccellenze e di commercializzare la propria offerta. Di fatto, si può affermare che le destinazioni italiane hanno consegnato nelle mani di terzi (senza neanche di preoccuparsi delle conseguenze) il proprio sviluppo e la propria economia. Perché un territorio o una destinazione turistica abbia successo è necessario che si verifichino 10 fattori. Due di questi sono però fuori dal controllo diretto delle Amministrazioni e dal sistema delle aziende turistiche locali: il primo, l’accessibilità, che dipende dalla facilità di raggiungere la destinazione dalla città di residenza dei differenti; il secondo, invece, è l’accessibilità commerciale, ossia la facilità di prenotare e acquistare le proposte e l’offerta turistica del territorio. Anche se sicuramente non è l’unico attore ad approfittare di questa situazione, prendiamo come esempio Ryanair, che ha intuito e compreso il suo potere e non ha esitato ad usarlo a proprio vantaggio, penalizzando le destinazioni che comunque continuano ad avere un atteggiamento passivo. Il problema è che oggi ad Alghero, se Ryanair non conferma le rotte, potrebbe verificarsi una forte diminuzione degli arrivi e delle presenze turistiche. Ma stessa sorte potrebbe toccare anche alla Puglia così come alla Sicilia e alla Calabria, che si ritroveranno a fare i conti con una flessione dei flussi turistici molto consistente. Fra l’altro in una stagione, come quella del 2016 che, complici le tensioni internazionali, potrebbe dare all’Italia una posizione di forza nelle scelte dei turisti europei e consolidare la crescita del turismo in Italia. Gli aeroporti più a rischio sono innanzitutto Bari, Brindisi, Alghero, Cagliari, Trapani e probabilmente in un futuro prossimo anche Crotone. Ma anche tutti gli scali a loro collegati, quindi in Italia, soprattutto Bergamo, ma anche Torino e Cuneo per guardare al nord ovest. Dopo l’isolamento di fatto dei territori, un’altra pesante conseguenza sarà un calo di turismo per le regioni interessate, un calo di ricchezza, e via dicendo. Di fatto, quello che fa Ryanair è vendere alle destinazione italiane i turisti. La proposta commerciale in sé è facile da comprendere: Ryanair si è creata una base solida di clienti, ovvero è il soggetto che li ha in mano, e obbliga i territori a pagare per potervi accedere. Si tratta di un meccanismo molto semplice. La stessa UE consente e autorizza gli aiuti ai vettori aerei per gli aeroporti sottosviluppati e per sostenere l’apertura di nuove linee. Il problema sta nel fatto che Ryanair pretende che i contributi gli siano riconosciuti acquistando degli spazi pubblicitari tramite la società Ams, che gestisce alcuni servizi del vettore, tra cui la rivista di bordo. Magicamente, le destinazioni pagano ed arrivano i voli. Il problema, però, è che sono fortemente ricattabili e Ryanair lo sa molto bene. A questo problema se ne aggiunge uno ancora più grave: la dipendenza sempre maggiore delle destinazioni da soggetti terzi, in particolare dalle OLTA, che pretendono contributi per dare visibilità ai territori nei portali di prenotazione. Anzi, come sta accadendo in altri mercati, stanno iniziando a fare pressioni affinché nei portali turistici delle destinazioni il motore di booking sia il loro. Per riuscirvi passano dalle semplici pressioni sugli operatori locali all’offerta di un ipotetico introito per ogni camera venduta. Il problema in sé quindi non è Ryanair perché la questione dei contributi riguarda ormai tutti i vettori low cost, da Easyjet a Vueling, daAir Berlin a Wizz Air, da Fly Be ad altri ancora fino alla stessa Alitalia. La questione è il fatto che le destinazioni italiane sono sempre più prigioniere e ricattabili. La domanda sorge spontanea: Succede ovunque cosi? Fino a qualche anno fa la risposta indubbiamente era affermativa. Ryanair, così come le altre compagnie aeree, pretendevano dalle destinazioni contributi che regolarmente ottenevano. Non a caso, tra il 2007 e il 2011, questa compagnia ha ricevuto ben 100 milioni di euro dei 250 che le diverse amministrazioni territoriali in Spagna hanno dedicato nello stesso periodo al sostegno delle linee aeree. L’anno scorso Air France ha denunciato che Ryanair riceve nel suo complesso ogni anno oltre 660 milioni di euro in contributi da parte delle amministrazioni regionali o degli aeroporti, ovvero fra gli 11 e i 12 euro per ogni passeggero che trasporta. Tornando alla domanda, la risposta è che in Francia e in Spagna Ryanair ha perso il suo potere. Le destinazioni e le amministrazioni turistiche regionali hanno introdotto infatti delle misure e dei meccanismi per tutelarsi e non essere più sotto scacco. Per esempio elargendo contributi perfettamente legali, in accordo con la UE, ma di entità decisamente inferiore rispetto a quelli che tradizionalmente Ryanair esigeva. In molti aeroporti della Spagna e della Francia Ryanair opera addirittura senza contributi e senza che questo abbia comportato un aumento delle tariffe. La verità è che destinazioni come la Sardegna, la Sicilia, la Calabria o la Puglia non possono più perpetrare questo stato di cose. Questo significa che il sistema turistico territoriale unitamente alle amministrazioni devono individuare dei meccanismi e dei modelli per incentivare i nuovi collegamenti. Ma soprattutto è necessario cambiare l’approccio, ossia le destinazioni devono agire in un’ottica di medio-lungo termine al fine di strutturare il beneficio apportato dai vettori low cost in una risorsa continuativa e sicura e non aleatoria come oggi. In questo senso è interessante l’iniziativa degli imprenditori sardi e siciliani di autotassarsi al fine di creare un fondo “Salva Ryanair” da un milione di euro per convincere il vettore a basso costo a mantenere gli impegni nelle rispettive isole. Tuttavia, pur trattandosi di un’azione meritevole, non risolve il problema all’origine ma semplicemente ne rimanda la soluzione. I modelli applicati dalle altre destinazioni concorrenti stanno portando risultati concreti sui territori e soprattutto hanno permesso loro di ridurre la pressione a cui erano sottoposti da Ryanair e dagli altri vettori. Cosa aspetta l’Italia? |