L’ombra del petrolio dietro la guerra dei gamberoni rossi [di Paolo Crecchi]

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The Medi Telegraph – Oil&Energy. 20 febbraio 2016. GenovaI nuovi confini marittimi tra Italia e Francia. I norvegesi pronti a trivellare il mar Tirreno. Non è stato Renzi, come sostiene il leader di Unidos Mauro Pili, a svendere il mare italiano ai francesi. L’accordo firmato a Caen il 21 marzo 2015 è stato discusso fra il 2006 al 2012, quando a Palazzo Chigi entravano e uscivano Prodi, Berlusconi e Monti. Vero che il 24 febbraio 2015 Renzi e Hollande si incontrano a Parigi, e rilasciano una dichiarazione congiunta dove si parla di «delimitazione delle proprie acque territoriali»; ma tutto comincia molto prima.

In particolare, il 15 aprile 2003 la Francia istituisce tra mar Ligure e mar Tirreno una «zone de protection écologique», che costringe l’Italia a fare la medesima operazione l’8 febbraio 2006. Il traffico navale pericoloso, interdetto dalla “zpe”, rischia infatti di concentrarsi in acque italiane. Due mesi dopo cominciano i negoziati che vedono protagonisti non solo i ministeri degli esteri o dell’ambiente dei due Paesi ma anche quelli dello sviluppo economico e delle politiche agricole.

Perché? La risposta arriva il 12 ottobre 2012, quando un decreto della République trasforma la «zone de protection écologique» in «zone économique exclusive». Vuol dire che la Francia potrà esercitare «diritti funzionali» anche in materia di gestione e sfruttamento delle risorse ittiche, nonché dei fondali e del sottosuolo. L’ammiraglio Fabio Caffio, esperto di diritto internazionale marittimo, ricorda che un paio d’anni prima ci sono state polemiche per l’inizio delle trivellazioni petrolifere al largo della Provenza, ma non mette in relazione il decreto e l’attività industriale. Altri sì.

Anche perché la società che da dieci anni aspetta di utilizzare la concessione ottenuta dal governo francese, primo ministro Jean-Pierre Raffarin e ministro dell’industria Francois Barouin, è la norvegese Tgs Nopec, la stessa che ora minaccia di trivellare i fondali a ovest della Sardegna. «Ci hanno venduto!», tuona Mauro Pili. Probabilmente non è vero nemmeno questo, anche se le compensazioni favoriscono curiosamente l’Arcipelago toscano caro al Giglio Magico di Renzi.

Però, forti dell’accordo del 21 marzo 2015 e della loro “zee”, i francesi hanno cominciato a fermare i pescherecci italiani: il primo tra Liguria e Costa Azzurra, il secondo al largo di Golfo Aranci. Parigi si è scusata, soprattutto perché Roma non ha ancora ratificato il trattato. Ma intanto l’Italia non ha trasformato la sua “zpe” in “zee”, e dunque non può esercitare i propri «diritti funzionali» in materia di pesca. Con le trivellazioni potrebbe essere lo stesso.

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