Sulcis, classi estrattive all’ombra delle ciminiere [di Raffaele Deidda]
Per classi dirigenti estrattive s’intendono quelle che attingono dai territori, anziché promuovere il cambiamento e l’innovazione. Per dirla con Fabrizio Barca, sono i rentier che “paghi della propria fetta di torta, scelgono di conservarla anche a costo di produrre il restringimento di quella stessa torta”. Nel corso dei decenni in tutta la Sardegna si sono consolidati gli interessi alla conservazione e al mantenimento delle rendite da cui le classi dirigenti traggono sostentamento e benefici. Spesso in contesti conflittuali fra le élite, interessate a mantenere le rendite di potere dominanti. Il Sulcis è il territorio dove il fenomeno si é manifestato più macroscopicamente. Ad osservarne le recenti ed attuali dinamiche industriali, con i conseguenti drammi economico-sociali, si ha la sensazione di rivivere dimensioni passate, continui déjà-vu. La storia delle sue miniere e delle sue industrie presenta corsi e ricorsi che proiettano quell’area in una dimensione quasi surreale. E’ notizia recentissima che la ASL di Carbonia, in merito all’ipotizzata realizzazione di una centrale a carbone per dare energia all’Euroallumina, stabilimento chiuso da anni per l’alto costo energetico, in funzione della ripresa delle produzioni, ha evidenziato come l’area di Portoscuso sia ad alto rischio ambientale. E’ rilevante la crescita di patologie come l’asma bronchiale nei bambini e di tumori polmonari negli adulti maschi. L’ASL ritiene opportuno che la realizzazione della nuova centrale “venga relazionata in merito ad eventuali problematiche legate a queste emissioni e su quanto adottabile per la mitigazione delle problematiche succitate”. Se la preoccupazione dell’Azienda Sanitaria Locale non venisse presa in considerazione, significherebbe che si ha la certezza di realizzare una centrale a “carbone pulito” con impatto zero o minimo nell’atmosfera? Sono informati di questa sensazionale novità gli scienziati esperti di combustibili solidi di tutto il mondo? Osservava nel 2012 Giovan Battista Zorzoli, ingegnere e docente esperto di fonti di energia, curatore fra l’altro con Umberto Eco di una “Storia figurata delle invenzioni: dalla selce scheggiata al volo spaziale”, come per mantenere aperta la miniera di Nuraxi Figus si sorvolasse sul dato inoppugnabile della non assimilabilità del carbone del Sulcis a quello normalmente utilizzato come combustibile in quanto di tipo “sub-bituminoso a lunga fiamma”, con più del 6% di zolfo e circa il 20% di ceneri. A fronte di norme risalenti a quando la sensibilità in materia era assai inferiore all’attuale, che prescrivevano un limite dell’1% al contenuto di zolfo nel carbone da utilizzare nelle centrali termoelettriche. E’ cambiata, dal 2012 ad oggi, la composizione del carbone Sulcis che si intende utilizzare nella nuova centrale di Portoscuso? Se no, si dispone ora di desolforatori che consentono di bruciare carbone con alti tenori di zolfo e in in grado di depurare fumi con un elevato contenuto di anidride solforosa? Si può parlare in tutta certezza di carbone pulito? Di certo si può parlare dei costi spaventosi, economici e ambientali, che l’accanimento “industriale” ha prodotto nel territorio, oltre ai drammi sociali conseguenti alle ricorrenti crisi delle aziende energivore che hanno prodotto la perdita del lavoro e il ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali, facendo del Sulcis un territorio assistito. Da decenni le classi dirigenti estrattive, siano esse politiche, sindacali o imprenditoriali, illudono le popolazioni sostenendo che esistono soluzioni sostenibili per mantenere o ri-mettere in esercizio attività industriali mature e antieconomiche. Utilizzando la retorica del cambiamento unitamente alla pratica dell’immobilismo, non sfiorate dalla volontà di sperimentare soluzioni alternative capaci di impiegare le risorse economiche ed umane in attività produttive che non perpetrino la devastazione ambientale del territorio. Lavorano per se stesse e al massimo sono interessate solo a lievi variazioni dello status quo, nel timore che il cambiamento possa danneggiarle. E’ molto più conveniente e meno faticoso cavalcare il disagio sociale e la protesta della gente contro i “poteri centrali” e gestire i “bisogni” dei singoli negli ambiti clientelari e particolaristici delle strutture politico-partitiche e politico-amministrative. Si legittimano col tentativo di dare una validità al disastro che hanno contribuito a determinare, enfatizzano la crisi per evitare il conflitto. Sempre meno utili, se non dannose, per la collettività. Per questo è necessario che gli interventi a sostegno della ripresa economica e dello sviluppo siano accompagnati prioritariamente da un mutamento etico-culturale nelle classi dirigenti. Saranno altrimenti fagocitati in quel complesso di equilibri, convenienze e poteri da sempre causa del sottosviluppo e/o del falso sviluppo del Sulcis. |