La ricompensa dell’immortalità [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione sarda. La città in pillole. Dalle geografie del sacro di Aetheria alla monaca Redempta di Villanova. Era forse il 1879 quando Emily Dickinson scrisse che “persino l’Immortalità è una ricompensa lenta”. Rara e insperata per molte donne. Un riscontro nella vicenda di due donne, vissute in tempi diversi, le cui biografie non si sfiorano ma sono accomunate dalla fede incrollabile per la religio licita imposta da Costantino nel 313.

La prima visse in quel secolo. Le sono stati attribuiti tanti nomi ma il suo è Aetheria. Nel VII secolo fu elogiata da un monaco della Galizia, suo conterraneo. Cosa aveva fatto Aetheria di così importante? Dal finis terrae, nome più pregnante della Galizia, meta dal IX secolo del Cammino di Santiago, arrivò a Gerusalemme. Accadde al tramonto del IV secolo.

La Peregrinatio Aetheriae fu il suo diario sulle nuove geografie del sacro e dell’impero. Benestante, forse della cerchia del conterraneo Teodosio, descrive luoghi, popoli, lingue, usanze con una scrittura abitata da anticipazioni del volgare. Forse non fu badessa e neanche monaca ma capì più di Agostino di Ippona e senza rimpianti il tramonto di un mondo e l’alba del nostro.

Fu invece monaca e badessa Redemta abb (atissa) monasterii Sancti Laurenti ricordata da un’iscrizione del VI secolo, rinvenuta nel quartiere Villanova. La decorano due croci, lettere apocalittiche, pampini e un grappolo d’uva; simboli riferibili a Cristo, principio e fine di ogni cosa, con uva e pampini a significare la sua passione e la chiesa. Per la funzione che rivestiva e per l’eccezionalità di un monastero dedicato a San Lorenzo Redempta fu donna importante nella Sardegna altomedioevale.

Ma un’aristocratica autrice del palinsesto di ogni diario di viaggio e una badessa potente nella Cagliari che sta diventando bizantina ricompensano Aetheria e Redempta con l’Immortalità? Sì. Almeno in questi giorni.

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