Renzi “vende” l’acqua Obiettivo: far salire le tariffe. Deputati PD calpestano i voti di 26 milioni di cittadini [di Marco Palombi]
Il Fatto quotidiano, 15 marzo 2016. “La gestione obbligatoria a scala di ambito ottimale per acqua, rifiuti, trasporti e gas è una delle importanti novità introdotte dai decreti Madia su partecipate e servizi pubblici”. Alfredo De Girolamo di lavoro fa il presidente di Confservizi Cispel Toscana, l’associazione regionale delle imprese del settore, luogo renzianissimo, e ieri celebrava – in apposito convegno – l’addio al referendum sull’acqua pubblica che stamattina governo e maggioranza sanciranno nelle aule parlamentari. Breve riepilogo. Dopo quasi 5 anni arriva finalmente al voto nella commissione Ambiente di Montecitorio una legge che rispettava gli esiti del voto di 26 milioni di cittadini: il servizio idrico va gestito da un ente pubblico, non dal mercato. Nonostante la legge sia stata scritta da parlamentari di parecchi partiti (Pd, Sel, M5S e altri), ora qualcuno ci ha ripensato: un emendamento del Pd che sarà votato stamattina cancella proprio il cuore della legge, cioè la previsione che il gestore dell’acqua debba essere pubblico. Governo e relatore hanno dato “parere favorevole”, cioè lo hanno fatto proprio. Niente legge per l’acqua pubblica, restano quelle per l’acqua privata scritte in questi due anni dal governo. Proprio quelle leggi che ieri celebravano le imprese toscane e benedette sempre da Utilitalia, la Confindustria del settore. L’esecutivo, infatti, lavora da tempo al tradimento della volontà popolare: il decreto “Sblocca Italia” indicò l’obiettivo nella concentrazione dei servizi pubblici locali nelle mani di poche grandi multiutility capaci di competere all’estero. A livello normativo, tra l’altro, la cosa venne incentivata grazie alla previsione che “gestore unico” (obbligatorio per ogni ambito territoriale) divenga chi ha già in mano il servizio “per almeno il 25% della popolazione” (ridono A2A, Iren, Hera, Acea). La legge di Stabilità, poi, incentiva i Comuni a privatizzare i servizi pubblici a rete (acqua inclusa) attraverso sconti sul Patto di Stabilità interno. Un decreto attuativo della riforma della P.A., infine, prevede che le tariffe tengano conto della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato”. È appena il caso di ricordare che uno dei due referendum sull’acqua stabiliva proprio che bisognasse cancellare dalla bolletta la voce che garantiva “adeguata remunerazione del capitale investito”. Insomma, mentre si appresta a bocciare la gestione pubblica del servizio idrico, Renzi reintroduce nelle bollette una voce esclusa per volontà di 26 milioni di italiani. Nel 2011 su questo punto cioè se si dovesse impedire al mercato di fare profitto sull’acqua il premier votò “no” per “non bloccare gli investimenti privati”. Non che i privati o le società miste ne abbiano fatti molti in questi anni, ma la scusa è sempre la stessa: non si possono bloccare gli investimenti, dice il ministro dell’Ambiente Galletti. Problema: si scrive investimenti, si legge bolletta più cara. Dice il presidente di Utilitalia, Giovanni Valotti: “Considerando che abbiamo le tariffe tra le più basse d’Europa, avremmo ampi spazi di recupero per gli investimenti”. Poi, considerando che i suoi danti causa vorranno anche guadagnare bisognerà prevedere un altro “ampio spazio di recupero” per i profitti. Nel 2015 Erasmo D’Angelis, all’epoca responsabile delle infrastrutture idriche a Palazzo Chigi, spiegò che pochi big player e bollette più care erano l’unica via per questo governo. Bene, dal 2008 al 2015 le tariffe idriche sono pressoché raddoppiate, mentre la qualità della rete idrica non pare migliorata né dove gestisce il pubblico, né dove c’è il privato. Quanto agli investimenti, invece, gran parte di quelli fatti dal 2008 sono stati fatti con soldi pubblici. |