“Est torrende su Beranu” [di Ciro De Rosa]

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Ieri e oggi (19 e 20 marzo) a Roma, il Circolo dei sardi “Acrase- Maria Lai” ricorda l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Oggi con una visita al sacrario e ieri pomeriggio a Testaccio con l’opera concerto “Est torrende su Beranu”. Allo spettacolo è dedicato l’articolo uscito sull’ultimo numero di Blogfoolk

«Le Fosse Ardeatine sono il nostro vero monumento nazionale, altro che Vittoriano», scrive Sandro Portelli in “Sia lode ora a uomini non di fama”, il suo contributo al volume curato da Umberto Cocco, perché i 335 massacrati il 24 marzo 1944 da nazisti e fascisti accomunano il Paese intero, provenivano da tante parti d’Italia. Tra i caduti nell’eccidio c’erano anche nove sardi, dal Campidano, dal Logudoro, dall’Ogliastra, dal Sulcis.

Erano diversi per estrazione sociale, attività e professione; i loro nomi: Candido Manca, Gerardo Sergi, Pasqualino Cocco, Agostino Napoleone, Salvatore Canalis, Giuseppe Medas, Sisinnio Mocci, Antonio Ignazio Piras, Gavino Luna. Alla loro vita sono dedicati gli altri interventi (“Il contributo della Sardegna nella strage delle Fosse Ardeatine. Brevi profili dei nove trucidati dai nazisti” di Martino Contu, “L’attesa, il lutto, la memoria” di Franco Sanna, “Mio zio Giuseppe”, di Caterina Fernanda Medas, “Ardeatinas. In limba mea” di Natilino Piras, “Aprendo una vecchia scatola” di Grazia Di Veroli), contenuti nel volumetto prefato da Cocco, sindaco di Sedilo (OR) – pubblicato in occasione del settantesimo anniversario della strage. A completamento un’appendice iconografica, curata da Martino Contu, raccoglie immagini dei nove caduti.

Parte centrale di questo «lavoro dinamico» (Portelli p. 13) che è l’”esercizio della memoria”, è l’opera folk “Est Torrende Su Beranu”, che in sardo significa “sta tornando la primavera“, creata per l’occasione da Clara Farina (canto e voce recitante) con Gianluca Dessì (chitarre e mandola) e Nico Casu (voce e tromba) e la partecipazione di Ivana Busu (fisarmonica ed elettronica) ed Antonio Baldinu (batteria). Il CD allegato al libro, registrato live in studio, raccoglie 51 minuti dello spettacolo È una ragione di politica culturale quella che ha spinto l’autrice Clara Farina a lavorare sulla memoria di questa tragica vicenda che ha coinvolto tutta la Sardegna, ma è poco nota.

Da 30 anni attiva, come attrice soprattutto in concerti letterari e recital di poesie, Clara Farina è impegnata nella valorizzazione della lingua sarda: «Con questo progetto spero di servire la mia gente, la mia lingua, la mia cultura, – mi racconta – sapere che nove sardi avevano perso la vita alle Ardeatine è stata una scoperta terribile, la gente non so sa. Con questo lavoro si spera di sensibilizzare soprattutto i giovani, anche attraverso le scuole». Farina ha curato il testo dell’opera in sardo logudorese, ripercorrendo la vicenda di Gavino De Lunas, nome d’arte di Gavino Luna, cantadore a chiterra, soprannominato “Rusignolu ‘e Padria”, l’usignolo di Pradia. Figura romantica, cantante tradizionale molto noto negli anni Trenta e Quaranta, Luna ha lasciato una discografia imponente; negli anni Trenta incise – primo artista sardo a firmare un contratto per una casa discografica del continente, La Voce del padrone – con il grandissimo suonatore di launeddas Efisio Melis.

Cantore originale per stile e aperture moderne. «Tra i cantanti più famosi, più amati, c’è De Lunas, una voce che è ancora imitata da tanti che ne ricordano la modalità del canto – dice Farina -. Era il personaggio più interessante e più spettacolare; pare anche che lui abbia voluto cantare prima di entrare dentro le cave Ardeatine. Di lui ho ricostruito la vita e la morte, cominciando dalla sua tragica fine, dal momento in cui è stato arrestato il 14 febbraio per essere portato alle Ardeatine, e in flashback ne ho ricostruito la vita, attraverso le poesie che aveva scritto, che canto perché ho riportato tutto all’oralità, al canto appunto.

Dopo il lungo flashback della vita, si ritorna al momento della morte. E lo spettacolo si chiude proprio con la voce di De Luna. Ma dovevo parlare degli altri morti, onorare gli altri martiri; quindi ho costruito la narrazione introducendoli nel momento in cui De Lunas arriva alle Ardeatine e incontra gli altri otto. Pertanto, la storia di De Lunas si incastra con quella degli altri sardi. Il titolo dell’opera fa riferimento al fatto che ho immaginato che in quei giorni di marzo De Lunas pensasse all’arrivo della primavera: da noi in Sardegna i mandorli fioriscono già a febbraio e nella campagna del paese in cui lui era nato, erano già fioriti: gli ho attribuito questi pensieri positivi». All’abito musicale ci hanno pensato gli Elva Lutza, con i quali l’interazione, sottolinea ancora Clara Farina, è stata pienamente naturale.

L’intervento del duo si esprime attraverso sequenze più vicine al dettato tradizionale che confluiscono, con quella studiata immediatezza, che caratterizza la scrittura di Dessì e Casu in nuove composizioni di impronta ambient e jazz, grazie anche all’intervento della fisarmonicista Ivana Busu e al sostegno del batterista Antonio Baldinu, nomi di sicura esperienza ed adusi ai linguaggi contemporanei. Purtroppo, il volume non contiene le note di presentazione dei sei brani in scaletta nel CD. Ad aprirlo è “Titti, Ite Frittu”, canzone costruita sul modulo del canto della Settimana Santa “Sett’Ispadas de dolore”, riportata al modo minore; è un modello di ‘contrafactum’, vale a dire che a un testo cantato di solito su un’altra aria è stata sostituita la melodia.

La figura di Pasquale Cocco, aviatore e mandolinista, è invece riproposta sulle note di un ballo sardo, modificato nella ritmica con l’accompagnamento tipico del “canto in re”. Il finale del brano è la moda “ A tiu Pascale Cocco”, scritta dal poeta di Sedilo Tonino Sanna, nipote dello stesso Cocco. La cifra musicale di Elva Lutza – miscela di tradizione folk e improvvisazione jazzistica, che abbiamo imparato ad apprezzare nell’omonimo loro disco del 2012 e in “Amada”, inciso con il nizzardo Renat Sette – è tutta nella bella serenata “Amada Gioventude”, elaborazione su un testo tradizionale.

Versi dello stesso De Lunas si sposano al modulo del “Canto in Re” gallurese. Per chi conosce il repertorio del coro Galletto di Gallura in questo “Cantu ses Bella, Maria” riconoscerà la melodia di “Cassisìa Agghjìa ‘intu”(inserito nel lavoro “Ci ragiono e canto”). Segue “Comente Torrat su’eranu”, un altro testo di De Lunas lavorato in forma di canzone, che è stato adagiato su un modulo di canto a chiterra. Introdotta da alcuni versi scritti dal cantante di Pradia, conclude il lavoro una composizione che si sviluppa su melodia in 7/4, che è come il leit-motiv nello spettacolo, su cui Clara Farina canta una ‘nuoresa’ sul testo “Adde mala”, che è stato uno dei cavalli di battaglia di Gavino De Lunas.

Per informazioni sul volume, si può contattare il comune di Sedilo (www.comune.sedilo.or.it). Lo scorso anno “Est Torrende Su Beranu” è stata rappresentata in molte località della Sardegna, tra i quali i paesi che hanno dato i natali ai nove caduti. Appuntamento sul continente, da non perdere, il prossimo 19 marzo: “Est Torrende Su Beranu”, l’opera di ricordo attivo per i martiri sardi delle Fosse Ardeatine, sarà a Roma alla Città dell’Altra Economia, alle ore 18.00.

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