Realtà e fantasy all’opera [di Franco Masala]
I simbolismi, già datati nel 1927, cedono oggi ad una messinscena sospesa tra una Terra di mezzo fiabesca e mondo terreno. Si tratta dell’opera La campana sommersa di Ottorino Respighi (1879-1936) scelta per aprire la stagione 2016 del Teatro Lirico di Cagliari. Respighi, ampiamente eseguito per i suoi poemi sinfonici “romani”, riguardanti fontane, pini e feste, è molto meno noto come operista e la proposta cagliaritana consente di approfondire il suo teatro musicale, basato su un’orchestrazione sapiente e capace di suscitare atmosfere diverse che alternano strumenti di resa rarefatta come celesta, arpa, ottavino, con impasti timbrici di ascendenza wagneriana e straussiana. Tanto più nella Campana sommersa dove la voce cristallina del soprano Valentina Farcas si affianca al vigore robusto del tenore Angelo Villari con risultati decisamente interessanti. Più in generale tutta la compagnia di canto è omogenea e affronta con bravura le non poche difficoltà della partitura. Donato Renzetti dirige con sicurezza orchestra e coro femminile del Lirico, indulgendo talvolta a fortissimi che coprono le voci. Efficace anche il breve intervento delle voci bianche del Conservatorio di musica cagliaritano. Forse il testo è ciò che si rivela più datato e oscillante tra espressioni prosaiche e certo dannunzianesimo di ritorno. L’Ondino, re dei ranocchi, si produce anche in suoni onomatopeici come il Brekekekex che in realtà è mutuato direttamente dal gracidìo delle Rane nella commedia omonima di Aristofane. Risulta però indispensabile alla riuscita della rappresentazione il lavoro di squadra comprendente il regista Pier Francesco Maestrini, lo scenografo Juan Guillermo Nova, il costumista Marco Nateri e il creatore di luci Pascal Mérat. La visione unitaria dello spettacolo, compresa tra realtà e fantasy, trova perfetto riscontro nel trapassare delle scene con suggestioni legate a certa pittura romantica ottocentesca, a quadri dove una tranquilla abitazione borghese accoglie scene familiari, con un fluire di immagini di taglio cinematografico estremamente efficaci. E il sole finale che abbaglia gettando la sua luce sulla sconfitta del campanaro Enrico diventa emblematico di una messinscena che trascorre dai paesaggi alberati brumosi alle atmosfere lunari fino a interni festosi ma premonitori del dramma su amori contrastati e impotenza nel creare. Anche i costumi giocano sul contrasto tra il severo abbigliamento dei “terrestri” e l’aspetto fantasioso delle creature magiche, primi fra tutti l’Ondino-rettile e la protagonista circonfusa di fiori. Un bell’inizio, insomma, che promette di superare definitivamente il momento di stallo della Fondazione Teatro Lirico, lasciandosi alle spalle avvicendamenti problematici dei vertici, faide interne, disavventure giudiziarie. *Foto di Priamo Tolu © La campana sommersa. Opera in quattro atti dal poema drammatico Die versunkene Glocke di Gerhart Hauptmann. Musica di Ottorino Respighi. Libretto di Claudio Guastalla Teatro Lirico di Cagliari: Repliche fino al 10 aprile
|