Sardegna Domani! [di Andrea Carandini]

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Pubblichiamo l’intervento tenuto dal Presidente nazionale del Fondo Ambiente Italiano Andrea Carandini al Convegno Nazionale FAI SARDEGNA DOMANI ! Terra / Paesaggio / Occupazione / Futuro svoltosi a Cagliari il 28 novembre 2013 al Teatro Massimo(ndR).

Il paesaggio è stato creato  nel Neolitico, quando l’uomo ha aperto nei boschi, allora onnipresenti, le prime radure, per abitare, coltivare i campi e allevare animali. Grande fu da allora il senso di colpa per quel disboscare e il desiderio di espiare le piante recise, trasformate in recinti, capanne e strumenti. Catone ha conservato la formula con la quale i Romani immolavano un porco al dio o alla dea sconosciuti, per farsi perdonare di aver aperto una radura, un lucus (de Agr., 139). Così durante 250 generazioni (tre all’anno) l’uomo, per motivi sacrali e civili, ha trasformato il paesaggio rispettandolo, ligio e libero rispetto alla tradizione, mentre in sole 2 generazioni, le ultime, ha intrapreso a rovinare questo gigantesco e plurimillenario  patrimonio collettivo, come se il territorio fosse uno zero da cui partire e su cui poter tutto fare, inaugurando l’era del mostruoso.

Viene in mente un grande sconfitto, Adriano Olivetti(V. Ochetto, A. Olivetti. La biografia, Ivrea 2013), difensore del primato della pianificazione e dell’urbanistica, ch’egli aveva derivato dalla pianificazione roosveltiana del 1933, e dall’altra ricordiamo la politica che ha prevalso, quella degli interventi a pioggia, volti a placare l’avidità di corporazioni e clientele, al fine di ottenerne voti. Così ha prevalso nel Paese il costruire come un guazzabuglio di stili d’accatto.

Questo Convegno Nazionale del FAI Sardegna domani! conferma la ferma volontà di riconoscere la storia e la bellezza dei luoghi – espressa nel Piano Paesaggistico Regionale, approvato nel 2006, primo in Italia – e di intenderle come il racconto e la forma data dai millenni all’identità in divenire dei Sardi, quindi come il pilastro di uno sviluppo ecosostenibile nel prossimo futuro.

L’esito drammatico della recente alluvione è dovuto al mancato rispetto delle leggi della natura e a una passata assenza di programmazione. Si è costruito su aree recentemente alluvionate, nelle aree di esondazione dei corsi d’acqua, dove erano terre tra le più fertili, da riservare all’agricoltura; per non dire delle arature, magari “a ritocchino”, su aree elevate e in pendenza (come ha osservato A. Aru). D’altra parte, lo Stato nella legge di stabilità in discussione alle Camere, sta destinando per il rischio idro-geologico solo 180 milioni di euro per un triennio, cifra irrisoria rispetto ai 40 miliardi per 15 anni stimati nel 2012 come necessari dal ministero dell’Ambiente. Inoltre lo Stato ha richiesto imposte ecologiche di cui solo l’ uno per cento è stato restituito alla tutela dell’ambiente.

Nel passato si poteva immaginare una rinascita incentrata sull’industria. Anche in Sardegna si è puntato sui poli petrolchimici e sulla chimica di base, con un’idea di sviluppo eterodiretto, non fondato sulle peculiarità dell’Isola e senza riguardo per la salubrità dei luoghi e la salute dei cittadini. Oggi, che siamo in una società post-industriale, i valori dei luoghi e delle persone devono tornare a essere il fulcro della rinascita economica, sociale e culturale dell’Isola, in una versione nuova, culturalmente e tecnologicamente sviluppata.

Il paesaggio sardo è stato per troppo tempo disconosciuto. Dunque, ha bisogno, per ampie aree, di recuperi, ripristini e bonifiche, come altri luoghi ammalati d’Italia. Servono servono lavoratori specializzati e agricoltori intelligenti per una sua riconversione, quindi un investimento particolare in conoscenze e formazioni di altissimo livello.

La Sardegna ha molte servitù, da quella militare a quella dei trasporti, ma quella alimentare non è da meno, visto che l’isola importa l’80% dei prodotti alimentari. Qualche segnale incoraggiante si coglie a questo proposito, ma è ancora flebile. Bisognerebbe tornare a una parziale autarchia alimentare; per non dire di quella energetica, per la quale Rifkin si batte. Ma a ciò si oppone la terra per gli animali, che oramai troppo prevale sulla terra per il cibo, così come la terra abbandonata.

In Sardegna il consumo di territorio agricolo è stato negli ultimi decenni impressionante e ingiustificato. Le pianificazioni urbanistiche hanno previsto cubature e case non suffragate da reali bisogni, giacché nell’Isola si registra un preoccupante calo demografico e la ripresa dell’emigrazione, fenomeni non compensati dall’immigrazione extra-comunitaria e dagli slavi nelle campagne. La cementificazione non ha prodotto un vero sviluppo. Infatti ha arricchito pochi, deturpando la Sardegna con migliaia di case. Nei 377 comuni si registrano 802.149 case, di cui il 57,31% sono ubicate nei comuni costieri e proprio qui insiste il 73,43% delle case vuote oppure occupate per qualche settimana, che rappresentano un quarto del totale(208.458). Bisogna pertanto arginare l’occupazione di suolo agricolo, tutelando le coste e anche i paesi, i cui  “centri matrice”,  identificati dalla Regione, sono in gran parte di straordinaria profondità storica (in molti casi si tratta di villae romane). L’edilizia deve rivolgersi, piuttosto, alla riqualificazione dell’edilizia storica, di quella in disuso e alla messa in sicurezza delle scuole e degli altri edifici pubblici.

Nel marzo 2013 è stato siglato un protocollo fra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la Regione Sardegna riguardo alla parziale revisione della normativa del PPR vigente. Così la Regione ha riconosciuto il ruolo che spetta allo Stato, avviando  nell’interesse generale e nel rispetto delle normative, una corretta procedura di copianificazione. Questa procedura è stata poi colpevolmente disattesa da un atto unilaterale della Giunta, con l’adozione preliminare del nuovo Piano Paesaggistico dei Sardi.

Il Ministero ha denunciato la gravità dell’atto e, per bocca del Sottosegretario Borletti Buitoni, ha dichiarato la volontà di intervenire sul provvedimento. Azioni queste, del Ministero, che il FAI ha subito sostenuto.

Il piano paesaggistico affronta non solo la qualità del paesaggio ma, prima di tutto, la sicurezza del territorio. Nel PPS approvato dall’attuale giunta il 25 ottobre 2013 si infrangono o si allentano le regole poste dalla Legge Salvacoste nel 2004 e dal PPR del 2006. Infatti, Il PPS permette di “resuscitare” tutte le lottizzazioni precedenti il 2004. Si tratta di progetti edilizi vecchi di anni, figli di una mentalità speculativa che la coscienza dei Sardi più sensibili ormai rifiuta, perché inutili allo sviluppo economico generale della Regione.

L’abbattimento o l’allentamento dei vincoli relativi al reticolato idrico, minuto e maggiore, è di assoluta gravità. Le alluvioni degli anni scorsi di Capoterra e di Villagrande e quelle dei giorni scorsi ne sono la prova. Infine, l’invasione capillare dell’agro con costruzioni svincolate dall’uso agricolo – il PPS consente la costruzione di un manufatto con destinazione abitativa per un lotto minimo di un ettaro – è da rigettare, non solo perché sottrae la terra alla sua destinazione naturale, ma perché manomette il territorio.

Non vi è regione al mondo dove la natura, la storia e l’arte appaiano tanto monumentalmente squadernati in tutte le sue ere e civiltà: dalla foresta primaria, al Neolitico, alla architettura nuragica(7000 presenze), alle città fenice  – ricordo la vasta necropoli punico-romana di Tuvixeddu a qualche decina di metri da qui, speriamo finalmente messa al sicuro e che il FAI ha aperto nelle Giornata di primavera del 2012 -,  fino alle archeologie industriale e mineraria, tra le più cospicue in Europa.

L’intero globo potrebbe essere interessato a questa sorta di manuale del mondo, che fa spiccare l’unità e unicità dell’Isola, e che va offerto, bene presentato e narrato, a un turismo di qualità, ancora da sviluppare.

Questo nostro convegno si fonda sulla partecipazione, sulla cooperazione e su uno spirito costruttivo e innovativo. Per quanto riguarda l’esperienza del FAI, essa è tutta a disposizione delle necessità dei Sardi. Se ameremo i luoghi al punto di farli amare da sempre più persone, vicine e lontane, creeremo quel circolo virtuoso in cui è da riconoscere la sola concreta speranza, prima di tutto dei giovani e poi anche nostra. 

Una Regione che intenda essere lungimirante preserva il paesaggio come un organismo cura i propri organi. Due generazioni improvvide sono bastate: hanno venduto polmoni e reni. Ora ne urge una che pensi ai figli, ai nipoti e ai pronipoti, oltre che a sé.

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