Dello sparare sul mucchio [di Carlo Arthemalle]

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Una spia rossa apparsa sul computer ha messo in allarme il mio medico che mi ha dirottato al Santissima Trinità in cardiologia – terapia intensiva. Nel mentre in consiglio regionale e nella stampa infuriava la polemica sul pianeta sanità. Nei territori addetti ai lavori, politici e popolazioni erano schierati  a difendere le rispettive trincee. La salute è argomento sacrosanto ma la sanità rappresenta più della metà del bilancio regionale. Perciò è punto di partenza di molte fortune economiche e politiche. Il problema è che in pochi la considerano nel suo insieme  e ognuno si batte come un leone per difendere solo il pezzo che lo riguarda.

C’è chi sottolinea l’importanza della ricerca, chi difende le eccellenze, chi si impegna per far sopravvivere l’ospedale del paese natio, chi si erge a difensore dei medici di famiglia. E’ difficile far comprendere loro che il settore può essere migliorato solo se lo si affronta come un insieme. Ma è missione al di sopra delle possibilità dell’attuale giunta regionale. Tornando al mio caso, l’approccio alla sanità pubblica mi ha rinfrancato come utente e come democratico. L’ASL  8 si è presa cura di me senza che lo chiedessi e senza ricorrere a raccomandazioni.

Le strutture  in questione non sono tra le eccellenze assolute del sistema sanitario eppure nella settimana che vi ho trascorso ho trovato dedizione, professionalità, competenza, gentilezza nel personale medico e paramedico. Ho potuto constatare che, a differenza di altri luoghi di lavoro, sono presenti molti giovani e le donne sono la maggioranza degli addetti.  A praticarmi la coronarografia  è stata una dottoressa di trentun anni.

Perché racconto tutto questo? Per riconoscenza verso chi mi ha curato, poi per sottolineare che non è vero che tutto è allo sfascio e infine per tentare un discorso più generale sugli umori che dominano l’opinione pubblica ed i media  che la manipolano, adeguandola  spesso ai loro interessi. Il nostro mondo è zeppo di gente arrabbiata. Tasse, pubblica amministrazione, magistratura, scuola, sanità sono passati al tritacarne con accuse spesso contradditorie.

Nel tiro al bersaglio la classe politica guida la classifica del discredito con largo distacco sul secondo classificato e l’astensionismo testimonia quanto sia vasta l’area del dissenso ed elevata la percentuale dei cittadini che hanno perso la speranza di cambiare, utilizzando gli strumenti dalla democrazia. I motivi  per essere incazzati non mancano  e gli episodi di corruzione lo testimoniano.  L’estensione della malavita organizzata alle aree più ricche del paese, i giovani che scappano all’estero per trovare opportunità, l’inaffidabilità di diversi istituti bancari sono spie di una situazione che ha oltrepassato il livello di guardia.

Non si salva nulla? Non proprio. Ma i malanni del Paese non si curano sparando nel mucchio. Del resto, gridare “al ladro” è la prima cosa che fanno i tagliaborse quando sono sorpresi con le mani nel sacco. Ma è impresa difficile operare i necessari distinguo per il clima che si è creato per la diffusa corruzione ma anche per il venir meno di certi istituti senza i quali la società ha più difficoltà  a funzionare. E’ il caso dei media.

Da quando sono mancati i maestri del libero pensiero che, da opposte trincee, insegnavano agli italiani  a ragionare e a confrontarsi  (Biagi, Montanelli, Cederna e altri) nessuno è riuscito a prendere il loro posto.  Da quando inoltre i media  si sono convinti che lo scandalo fa più audience della virtù, i titoli sono diventati a tutta pagina e i talk show si sono riempiti di spazzatura, omissioni, silenzi. Se poi tra i malandrini qualcuno ha a che fare con la politica l’informazione è una  grandine di messaggi contradditori e l’opinione pubblica si divide a seconda del colore politico del personaggio.

Insomma l’impressione è che l’informazione italiana,  oltre a perdere milioni di lettori e di ascoltatori, abbia rinunciato ad esercitare la parte più nobile che, come dice la Costituzione, costituisce nel garantire la pluralità e vegliare sulla tenuta democratica. Parrebbe invece che abbia accettato l’inevitabile decadenza del paese. Un’inversione può venire dal basso forse attraverso il passaparola. Ho cercato di farlo sulle buone pratiche di molti operatori della sanità a Cagliari su cui bisogna vigilare perché non si perda una qualità raggiunta faticosamente.

 

One Comment

  1. Si, condivido pienamente. Anche a me è capitato di aver avuto un trattamento dignitoso nelle strutture pubbliche. Quindi non è mai il caso di buttare il bambino con l’acqua sporca.
    Resta la grande ombra dei tempi lunghi delle liste di attesa.
    Capita anche che, presentatomi alle porte degli specialisti qualche settimana o mese prima della data fissata dal CUP, li abbia trovati liberi e ben disponibi a offrire la propria prestazione.
    Saranno state solo fortunate coincidenze?

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