Il Papa a Lesbo, una scossa alla coscienza dell’Europa [di Andrea Tornielli]
La Stampa, 16 aprile 2016. Oggi il viaggio lampo di Francesco nell’isola greca divenuta il primo approdo per tanti disperati in fuga dalla guerra, dalla violenza e dalla fame: cinque ore insieme al Patriarca Bartolomeo e all’arcivescovo ortodosso Ieronymos per ricordare che i rifugiati sono il nostro prossimo Padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, ha spiegato che la trasferta papale nell’isola greca è di natura squisitamente umanitaria e non ha risvolti politici.Francesco arriva a Lesbo perché invitato dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e dal Sinodo permanente della Chiesa ortodossa di Grecia. Ortodossi e cattolici lavorano fianco a fianco per aiutare i profughi ed è questo l’ecumenismo che piace al Papa argentino. Ma non c’è dubbio che – così come accaduto con la visita a Lampedusa – il brevissimo viaggio a Lesbo rappresenti di per se stesso una scossa alla coscienza dell’Europa. Francesco arriva alle 10.20 (le 9.20 in Italia) nel piccolo aeroporto di Mytilene, dove viene accolto dal premier greco Alexis Tsipras, ma senza alcun discorso. Non è una visita di Stato e Tsipras si limiterà ad accompagnare Francesco e i suoi ospiti in modo discreto. Poco dopo l’atterraggio, il Papa insieme a Bartolomeo e all’arcivescovo ortodosso di Atene Ieronymos, a bordo di un minibus si recheranno al campo profughi, uno dei cinque grandi hotspot dove sono accampati i migranti. Qui i tre leader religiosi saluteranno 150 minori ospiti del centro, quindi saluteranno individualmente circa 250 richiedenti asilo per poi pronunciare ciascuno un breve discorso e firmare una dichiarazione congiunta. Francesco, Bartolomeo e Ieronymos si fermano quindi a pranzo in un container sedendo a tavola con otto rifugiati. La seconda e ultima tappa del viaggio-lampo si svolge poco dopo nella zona del porto di Mytilene, dove il Papa incontrerà la cittadinanza di Lesbo e la comunità cattolica. Francesco, Bartolomeo e Ieronymos reciteranno una breve preghiera in memoria delle vittime delle migrazioni, quindi riceveranno da tre bambini altrettante corone di alloro, che verranno gettate in mare per ricordare chi è morto durante la traversata. Prima di ripartire per Roma, il Papa all’aeroporto incontrerà privatamente per un breve colloquio l’arcivescovo ortodosso, quindi il Patriarca e infine Tsipras. Il decollo è previsto alle 15.15 ora locale (le 14.15 in Italia) e l’atterraggio a Roma-Ciampino è previsto per le 16.30. L’11 gennaio scorso, parlando al Corpo diplomatico accreditato in Vaticano, Papa Francesco aveva parlato delle responsabilità dell’Europa. «Di fronte all’imponenza dei flussi e agli inevitabili problemi connessi – aveva detto – sono sorti non pochi interrogativi sulle reali possibilità di ricezione e di adattamento delle persone, sulla modifica della compagine culturale e sociale dei Paesi di accoglienza, come pure sul ridisegnarsi di alcuni equilibri geo-politici regionali. Altrettanto rilevanti sono i timori per la sicurezza, esasperati oltremodo della dilagante minaccia del terrorismo internazionale. L’attuale ondata migratoria sembra minare le basi di quello “spirito umanistico” che l’Europa da sempre ama e difende». «Tuttavia – aveva aggiunto il Papa – non ci si può permettere di perdere i valori e i principi di umanità, di rispetto per la dignità di ogni persona, di sussidiarietà e di solidarietà reciproca, quantunque essi possano costituire, in alcuni momenti della storia, un fardello difficile da portare. Desidero, dunque, ribadire il mio convincimento che l’Europa, aiutata dal suo grande patrimonio culturale e religioso, abbia gli strumenti per difendere la centralità della persona umana e per trovare il giusto equilibrio fra il duplice dovere morale di tutelare i diritti dei propri cittadini e quello di garantire l’assistenza e l’accoglienza dei migranti». Francesco in quella occasione aveva anche osservato che «gran parte delle cause delle migrazioni si potevano affrontare già da tempo. Si sarebbero così potute prevenire tante sciagure o, almeno, mitigarne le conseguenze più crudeli. Anche oggi, e prima che sia troppo tardi, molto si potrebbe fare per fermare le tragedie e costruire la pace. Ciò significherebbe però rimettere in discussione abitudini e prassi consolidate, a partire dalle problematiche connesse al commercio degli armamenti, al problema dell’approvvigionamento di materie prime e di energia, agli investimenti, alle politiche finanziarie e di sostegno allo sviluppo, fino alla grave piaga della corruzione. Siamo consapevoli poi che, sul tema della migrazione, occorra stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza». |